di Simone Farello

La Svizzera, per molti, è un grande enigma. È incastonata nel cuore dell’Europa ma non ne fa parte. Nei suoi Cantoni si parlano tre delle quatto lingue continentali più importanti (solo lo spagnolo ne è escluso), ma è un paese che non riusciamo a tradurre.

I segreti della Svizzera

Eppure, senza la Svizzera, l’Europa non avrebbe mai potuto funzionare: per secoli ha fornito i soldati con cui le Corone si contendevano i loro confini, e quando gli Stati hanno reclutato il popolo negli eserciti nazionali la Repubblica Elvetica si è resa custode dei segreti più oscuri dell’industriosità dei suoi vicini: quelli che si chiudono nei caveau delle banche, si criptano nei nomi in codice dei conti corrente, si moltiplicano nella magia cronometrica degli interessi composti. Una nazione fondata sul contrabbando e sul sotterfugio, sulla precisione di orologi che scandiscono la vita di un popolo che deve essere sempre prevedibile e impeccabile, perché è quello che ci si aspetta da coloro a cui si affida il proprio denaro. La Svizzera è pulita e i treni sono sempre puntuali. 

Su ogni binario delle stazioni ferroviarie svizzere ci sono orologi con le lancette delle ore, dei minuti e dei secondi. Quella dei secondi è la più importante, perché detta il ritmo delle partenze e degli arrivi: se non si rispettano le sue scadenze il viaggiatore sa che non sarà atteso, che dovrà aspettare il prossimo treno perché l’orario stabilito è il principio ordinatore e perentorio della vita. Come se i segreti non ammettessero errori. 
La Svizzera è un paesaggio alpino spalancato all’ossigeno, ma se lo si potesse vedere dal di dietro, come dalle quinte di un palcoscenico, scopriremmo che esiste una Svizzera dentro la Svizzera, fatta di tunnel e gallerie in cui esistono città alternative, un ventre inodore e insapore che nasconde per vocazione. 

Friedrich Dürrenmatt e la rappresentazione della follia

C’è da diventare matti o, per lo meno, da diventare assurdi. Ed è proprio ciò che è occulto per decreto l’oggetto dell’autopsia permanente di un popolo in vita che è la letteratura di Friedrich Durrenmatt. Un autore a volte ricordato, ma non quanto meriterebbe rispetto all’importanza della sua opera, così chirurgicamente spietata, così avvolgente. Nato in una nazione fondata sulla precisione del suo congegno sociale, Durrenmatt ha usato la letteratura come un detonatore e svelato il lato asincrono di un sistema che presuppone di essere fondata sulla ragion pura. Senza aver niente del carnevalesco mediterraneo Durrenmatt è un alchimista che scompone gli elementi anziché combinarli: laddove Pirandello avrebbe disseminato maschere Durrenmatt rappresenta esclusivamente la follia, guardandola con un’umanità che alla fine redime anche il destino più atroce. I personaggi di Durrenmatt sono senza scampo, ma non rinunciano mai alla giocata disperata sulla roulette delle vita e alla fine si riscattano solo per il fatto di aver vissuto, di aver svelato, anche solo per un attimo, l’inganno a cui tutti siamo sottoposti.

“Il Tunnel”

Così accade ne “Il Tunnel”, il racconto di un viaggio in treno che si trasforma nel peggiore degli incubi: non il ritardo ma l’impossibilità dell’arrivo. Non l’infrazione del tempo, ma la sua cancellazione. Con un finale che non deve essere anticipato ma … letto. Oggi in questo racconto ci si può anche trovare una metafora dell’Europa, della sua contraddizione definitivamente infranta. Se la Svizzera custodisce i nostri segreti, Durrenmatt li ha svelati. ‘Il tunnel’ è un racconto breve che si può trovare in una delle tante raccolte delle novelle di questo autore di cui, una volta scoperto o riscoperto, non si ha mai abbastanza; uno dei pochissimi che ha dato una mitologia, beffarda e infernale, al XX Secolo. 

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Simone Farello, già assessore e consigliere comunale di Genova, scrittore e blogger (“Simone Farello simply a reader”) scrive per “Superba” una serie di recensioni incentrate proprio sul mondo dei treni.