di Marco Galaverna
La scorsa estate all’ingresso del paese di Casella, dal lato di Sant’Olcese, su un breve spezzone di binario di nuova installazione è stata collocata, come monumento, una carrozza ferroviaria, nell’occasione dei cento anni dall’avvio dei lavori di costruzione della ferrovia per Genova.
L’evento ha avuto una buona visibilità su internet nonché sulla stampa locale e ci offre lo spunto per tornare a scrivere del “trenino” sulla nostra rubrica.
Innanzi tutto parliamo della protagonista. Si tratta della carrozza viaggiatori C106, costruita da Casaralta – Luigi Conte nel 1929, riutilizzando un telaio di un carro merci, per la Ferrovia Elettrica Val di Fiemme (FEVF).
Questa era una linea a scartamento ridotto, in un primo tempo 760 mm e successivamente 1000 mm, attivata nel 1917 dal genio militare austriaco sul percorso da Ora, punto di diramazione sulla ferrovia del Brennero, a Predazzo, lunga 50 km. Quei territori, con le loro ferrovie, passarono allo Stato italiano nel 1919, dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, per effetto del trattato di Saint-Germain. Nel 1963 la linea Ora – Predazzo fu chiusa e il materiale rotabile alienato. In particolare, alla Genova – Casella giunsero, insieme con altri mezzi, le quattro carrozze C103 – C106, che nella nuova sede mantennero la numerazione d’origine.
Queste carrozze erano lunghe 11,5 m, avevano una massa di appena 12 t e una cassa caratterizzata da cinque finestrini per lato, corrispondenti internamente a cinque moduli per un totale di 40 posti a sedere. È curiosa la presenza di carrelli a due assi su veicoli tanto corti; ma la scelta fu legata alla presenza di curve di raggio molto stretto, tipiche degli scartamenti ridotti.
Sulla Genova – Casella, le prime due carrozze, C 103 – 104, conservarono le caratteristiche originarie e da qualche anno, distolte dal servizio ordinario, fanno parte del treno storico. Le restanti due ricevettero nel 1980 una profonda revisione della cassa, a opera della ditta Gleismac, la quale portò da cinque a quattro sia i finestrini per lato sia i moduli interni, con la conseguente riduzione da 40 a 32 dei posti a sedere. Grazie a ulteriori revisioni, la C105 è rimasta funzionante fino a oggi mentre la C106, la carrozza ora divenuta monumento, fu nel tempo accantonata, forse per una certa sovrabbondanza di materiale trainato.
L’aspetto attuale un po’ insolito della C106, almeno rispetto alle carrozze in servizio (si veda la mia foto), è dovuto in parte all’oscuramento dei finestrini, che impedisce la vista dell’interno, e in parte alla riverniciatura in bianco dei cerchioni delle ruote, peraltro attuata su vari rotabili storici, anche delle FS. In verità, non è chiaro se essa rispetti le norme sulla verniciatura dei veicoli in un qualche periodo storico o se sia un’invenzione, in quanto si leggono a proposito opinioni contrastanti.
Concludiamo con una curiosità ormai quasi dimenticata. L’area dove si trova la carrozza monumento fu interessata da un progetto che mai vide la luce. Circa venticinque anni fa ebbi l’occasione di collaborare con la Facoltà di Ingegneria di Genova (oggi Scuola Politecnica), come correlatore di una tesi di laurea che, accogliendo alcune idee allora avanzate, proponeva di eliminare il regresso per i treni da e per Casella Paese. Secondo il progetto, il binario proveniente da Genova, anziché piegare a destra verso Casella Deposito, impianto non più necessario, e uscirne in regresso, sarebbe proseguito diritto verso il ponte sullo Scrivia, per poi attestarsi in un nuovo grande impianto, parallelo alla riva del fiume. Qui si sarebbero potute trasferire la stazione viaggiatori e la rimessa, essendovi disponibile un’ampia area non urbanizzata.
Da questa risistemazione, l’esercizio ferroviario avrebbe guadagnato maggiori spazi operativi, l’eliminazione delle manovre d’inversione e una riduzione del tempo di viaggio di qualche minuto. Ma la principale opposizione al progetto, presto abbandonato e del quale non si parlò più, venne proprio dall’amministrazione comunale di Casella, contraria a destinare a usi ferroviari una zona adiacente alla cosiddetta Area Verde, grande prato pubblico protetto, con giochi e impianti sportivi, molto apprezzato da residenti e villeggianti.