A cura della redazione di Superba – Editoriale numero 3 2022
Ogni guerra ha nei suoi comportamenti la barbarie. Aggressori e aggrediti. Ma ci sono episodi che non devono essere taciuti per l’atrocità bestiale. Giustiziare civili inermi per strada, stuprare donne, uccidere anziani e bambini. Questo è sterminio gratuito. L’uomo del mio tempo non può dimenticare le guerre passate. Non può essere ancora l’uomo “della pietra e della fionda”. Oggi abbiamo bisogno di un uomo non più schiavo dell’odio, del rancore, del disprezzo, dell’intolleranza, dell’ignoranza, della forza bruta e bestiale, ma di un uomo che torni ad essere umano.
Certo, sono tutti temi che possono apparire anche più grandi di noi. E allora cosa possiamo fare, cosa può fare ognuno per la collettività?
Il Dlf Genova ancora una volta – come leggerete più avanti – nel suo piccolo si mette a disposizione delle persone. Crediamo che mai come ora siano importanti i valori della memoria e del dialogo, per non ripetere le atrocità del passato: con questo spirito abbiamo celebrato ancor più convintamente il 25 Aprile con cerimonie nelle stazioni e nel nostro cinema Albatros.
E poi, in questo tempo così difficile e già segnato dalla pandemia, lasciateci provare a regalare un sorriso con le nostre iniziative nell’Arena Dlf. Riunirsi, ritrovarsi, sorridere, abbracciarsi, scoprire di stare bene insieme: anche questi sono piccoli momenti di pace in una società che troppo spesso ci ha abituati alla solitudine. Speriamo che questi eventi possano essere apprezzati e siamo convinti che, finché ci sarà la gioia della condivisione, del dialogo e della memoria, la pace avrà una speranza anche nei momenti più bui.
– UOMO DEL MIO TEMPO –
Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
– t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all’altro fratello:
“Andiamo ai campi”. E quell’eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.
Salvatore Quasimodo
(Dalla raccolta “Giorno dopo giorno”, 1947)