Editoriale di Superba n. 3 2018
di Rosaria Augello
Spesso mi piace soffermarmi a riflettere sulla “filosofia” dei numeri, anche quelli che sono relativi ad una data, ad un anno, pensando che possano racchiudere un particolare significato o semplicemente rappresentare lo scorrere del tempo.
E allora faccio un gioco: siamo nell’anno 2018. Cosa è già accaduto e perché? Cosa ancora dovrà accadere e a chi porterà l’avvenimento?
Ad esempio 100 anni fa, nel 1918, terminava la Prima Guerra Mondiale e in quello stesso anno nasceva a Johannesburg Nelson Mandela.
E 90 anni prima? Fleming, che “inventava” la penicillina. E nel 1928? Adolf Hitler era in visita… a Roma! Mentre 20 anni dopo, nel ’48, entrava in vigore la Costituzione e nella primavera di quell’anno l’Italia si presentava alle urne per eleggere il Primo Parlamento dell’era repubblicana. E le donne votavano per la prima volta.
E poi il ’68: la rivolta degli studenti che fu soprattutto una rivolta etica contro i valori diffusi dalla società capitalista.
Ma il 1968 vede anche un altro evento, sicuramente piccolo in confronto agli avvenimenti sopra menzionati e che ha avuto un significato solo per noi ferrovieri e per il Dopolavoro Ferroviario di Genova: nel mese di marzo di quell’anno nasceva il numero 1 dell’anno 1° della rivista Superba.
L’articolo di spalla recitava: «Eccoci qua! Ancora acerbi, magari, ma l’importante è esistere ed esibire per il futuro cose nuove e proiezioni ambiziose. Vogliamo fare un giornale che spieghi i concetti che ispirano il Dopolavoro e ne illustri le attività, ma nel contempo distilli il pensiero di tutti noi e ne produca essenza da proiettare oltre i vincoli stretti che ci uniscono alle rotaie……».
Nell’intervista di Millo Balduzzi all’allora Presidente del DLF, Giuliano Retteghieri, uno tra i più giovani Presidenti d’Italia, diceva che «il DLF aveva un significato sociale profondamente inserito nelle relazioni umane che avevano un’importanza proprio e soprattutto fuori dall’assillo del lavoro».
In un altro articolo di Superba, un redattore, citando Shiller, affermava che «per poter risolvere il problema politico bisogna passare attraverso quello estetico, perché è la bellezza che conduce alla libertà!».
Attraverso l’azione della bellezza l’uomo sensibile è guidato alla forma e al pensiero e l’uomo spirituale è, invece riportato alla materia. La presenza di questi due istinti è ciò che permette la libertà intesa come uno stato di indeterminazione nel quale l’uomo non si trova costretto né fisicamente né moralmente. Secondo Shiller, «tutto potrà essere risolto solamente con un’educazione estetica che permetta all’uomo di separarsi dal mondo e, attraverso il gioco, di sviluppare la tendenza ad agire in modo secondo le leggi».
Un collega, sul nostro periodico, asseriva scrivendo che «il lavoro del Ferroviere ha ancora una dimensione umana. Forse è uno dei pochi campi ove, se lo si volesse, si potrebbe veramente sperimentare se è possibile e fin dove è possibile in relazione alle situazioni di campo esterne, il riscatto dal lavoro e della situazione umana».