di Giuseppe Morabito
Il 27 gennaio si celebra nel nostro Paese, come in quasi tutta Europa, il “Giorno della memoria”. In tale data, nel 1945, l’esercito sovietico liberò il campo di sterminio nazista di Auschwitz, spalancando al mondo la più grande infamia mai compiuta dall’umanità. Ad Auschwitz, in Polonia nei pressi di Cracovia, furono sterminate, tra il 1940 e il 1944, più di 1.250.000 persone, tra cui 232.000 bambini, provenienti dalla Germania, dall’Italia, dalla Francia, dall’Ungheria, dall’Olanda, dal Belgio, dalla Grecia.
Il “Giorno della Memoria” è il momento di un calendario civile istituito nel 2000 dal Parlamento italiano per ricordare la Shoah, le leggi razziali, la persecuzione dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, e, a rischio della propria vita, hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”.
Si valuta che le vittime del nazismo in Europa siano state, in quel periodo, oltre 6 milioni di persone; dei quali più di 5 milioni e 100 mila di queste erano ebrei.
Lo sterminio del popolo ebraico in Europa da parte del regime nazista ha una portata storica assolutamente epocale! Per la sua efferata brutalità la “Shoah” si può configurare come una ferita profonda nel cuore stesso dell’identità europea. Più che di una regressione della civiltà, quella feroce barbarie può essere considerata come una vera e propria rottura con la stessa civiltà fino ad allora realizzata dall’umanità.
Per onestà storica, civile e morale, la ricorrenza del “Giorno della Memoria” ci spinge a ricordare anche le gravi corresponsabilità dell’Italia fascista al disegno di morte messo in atto dal nazismo germanico. Le leggi razziali e antisemite approvate dal regime fascista il 17 novembre 1938, le deportazioni nei campi di concentramento e di sterminio compiute tra il 1943 e il 1945 dai nazisti tedeschi con la piena collaborazione dei fascisti italiani sono lì a dimostrarlo, insieme agli orrendi eccidi di massa compiuti dai nazifascisti tra il 1943 e il 1945 in tante località italiane.
Più di un simbolo dell’”orrore”, lo sterminio del popolo ebraico (la Shoah) è un fenomeno che atterrisce nella sua pianificazione razionale e “normale”, che fa dell’esecuzione e dello sterminio di massa categorie politiche della contemporaneità. Ad essere ricordate sono l’efferatezza e l’insensatezza della violenza e della brutalità di un nuovo ordine europeo istituito, in quegli anni, all’insegna della sistematica violazione dei diritti umani più elementari ai danni di milioni di uomini, donne e bambini per il loro essere ebrei, oppositori politici, zingari, omosessuali, testimoni di Geova, disabili psichici e fisici, mendicanti, senza fissa dimora, prigionieri di guerra e normali cittadini.
Per non dimenticare, il senso del “Giorno della Memoria” deve quindi essere anche quello di imprimere nella coscienza collettiva di ogni persona l’idea della responsabilità di chi ha proposto, deciso, organizzato, approvato per opportunismo o per conformismo, quell’immane violazione dei diritti umani. È anche per questi motivi che vanno contrastate, con forza, le odiose interpretazioni revisioniste o negazioniste che su quegli avvenimenti forze e gruppi politici della destra italiana ed europea cercano di portare avanti.
Facendo questo non solo si rende omaggio a tutta quella vasta umanità colpita dalla follia politica e razzistica del nazismo e del fascismo, ma si contribuisce anche ad una maggiore maturazione civile delle coscienze affinché quella storia (inumana e così terribile) non sia dimenticata e non si possa mai più ripetere!
All’ingresso del Memoriale della Shoah di Milano, che ricorda la deportazione degli ebrei dal Binario 21, c’è una grande scritta: “Indifferenza”. La senatrice Liliana Segre, che da quel binario è stata deportata quando era bambina, così ha sintetizzato il significato di quella parola: “L’indifferenza porta alla violenza, perché l’indifferenza è già violenza”.