di Marco Galaverna
I mezzi di trazione FS hanno una matricola identificativa, ovvero un numero di targa, che, da più d’un secolo, presenta una parte numerica e, con l’eccezione delle locomotive a vapore e degli automotori da manovra, una parte letterale.
Quest’ultima indica il tipo del mezzo di trazione: ad esempio, la sigla “E.” indica una locomotiva elettrica, la sigla “D.” una locomotiva Diesel e così via.
Nella maggior parte dei casi, un mezzo di trazione conserva la propria numerazione per tutta la sua carriera. Qualche cambio di numerazione tuttavia è sempre avvenuto, per interi Gruppi, in un passato ormai lontano, o per singole unità, per lo più in seguito a modifiche tecniche. Nei primi anni Duemila, ricordiamo che alcune locomotive E.656 furono riclassificate E.655 dopo una modifica al rapporto di trasmissione, che, riducendone la velocità da 150 a 120 km/h, le aveva rese specializzate per il trasporto merci. Analogamente, intorno al 1987, alcune “Tartarughe” E.444, in seguito a un “allungamento” del rapporto di trasmissione, pensato per i treni più veloci, erano diventate E.447.
Non in tutte le aziende ferroviarie la matricola dei mezzi di trazione contiene una parte letterale. Essa, ad esempio, nelle ferrovie tedesche (DB) è stata cancellata da decenni e sostituita dalla prima cifra del numero di Gruppo: “1” per le locomotive elettriche, come nel famoso Gruppo 120 (prime locomotive europee di serie a inverter elettronico), “2” per le locomotive Diesel, come nel Gruppo 216, e così via. Lo stesso principio è stato seguito poi dalle ferrovie francesi (SNCF) nonché dalla marcatura numerica uniforme, numero a 12 cifre introdotto a livello europeo dopo il 2009. Essa è riportata pure dai mezzi di trazione FS, i quali hanno però conservato anche la marcatura tradizionale, ancora indicata nelle targhe.
Le sigle letterali hanno riflesso l’evoluzione tecnica dei mezzi di trazione. Le sigle ALb e ALv, che portavano rispettivamente le automotrici a benzina (o a metano) e quelle a vapore, sono scomparse da tre quarti di secolo, seguendo il tramonto degli stessi mezzi a cui esse erano applicate.
Le sigle ALn e ALe, per automotrici a nafta ed elettriche, hanno avuto nel Novecento una grandissima diffusione ma ora sono in declino e, mezzi storici a parte, potrebbero ridursi al lumicino in un futuro non lontano. Ciò è dovuto al fatto che da decenni le FS non hanno più ordinato automotrici singole, adatte cioè a combinarsi variamente per formare convogli più o meno lunghi ma anche a viaggiare da sole, bensì treni a più casse, a composizione bloccata, seguendo peraltro la tendenza dei produttori europei.
Questi vengono immatricolati con la sigla ATR se a trazione Diesel, come i treni Swing, o ETR se a trazione elettrica, come i Jazz, i Pop e i Rock. Con l’accantonamento dei mezzi più anziani, sui binari italiani vediamo quindi sempre meno ALn e ALe, e sempre più ATR ed ETR. I treni Minuetto costituiscono una curiosa anomalia in quanto, pur essendo a composizione bloccata, sono immatricolati ALn/ALe anziché ATR/ETR come dovrebbero, forse per un’incertezza delle stesse FS riguardo a treni che, al loro apparire, per il trasporto regionale erano piuttosto innovativi.
Se, nel secolo scorso, la sigla ETR si poteva interpretare come “Elettrotreno Rapido”, perché in effetti era esclusiva dei veloci treni di lusso, oggi va interpretata diversamente, vista la sua diffusione nel trasporto regionale. In quanto alla sigla ATR, essa risale ai treni Diesel a composizione bloccata di tre casse del 1940, gli ATR.100 costruiti dalla FIAT, e in origine significava “Autotreno”, denominazione coniata allora per un tipo di rotabile che sulle ferrovie italiane non aveva precedenti e di cui non si ebbero, per molto tempo, realizzazioni consimili [1].
La foto ritrae una coppia di ALn 990 ad Alessandria nel 1975, epoca in cui la fitta rete piemontese di linee non elettrificate era giornalmente percorsa da una grande quantità di automotrici, ben più numerose di oggi. Benché al centro di quella rete, il Deposito Locomotive di Alessandria non possedeva automotrici Diesel, le quali vi arrivavano invece dai Depositi di Cuneo, Asti, Pavia e Novara. Un mondo scomparso: molte di quelle linee sono ormai chiuse e quasi tutti quei Depositi non esistono più.
[1] N. Molino, S. Pautasso, “Le automotrici della prima generazione”, Elledi, 1983.