di Marco Galaverna

Non ci riferiamo a un anniversario del film di Kubrick, che è del ’71, ma a uno dei soprannomi che ricevettero i treni di automotrici elettriche ALe 801/940. La denominazione “Arancia meccanica” fu motivata dall’appariscente livrea d’origine, inedita nel parco FS e, con quello schema, rimasta senza seguito: si ritroverà l’arancio soltanto in alcune locomotive da manovra degli anni successivi. La coloritura originale, che si vede nella mia foto del 1978 ripresa a Genova Bolzaneto, venne poi sostituita da quella unificata XMPR, ancora in uso.

Almeno in Liguria, gli stessi treni furono altresì chiamati “Caffè Kimbo”, perché circolarono per qualche stagione con una decorazione pubblicitaria relativa a quel marchio, nonché, per motivi meno evidenti, “Il bruco”.

L’esordio di questi treni avvenne appunto quarant’anni fa, come si legge in un ritaglio del Secolo XIX di allora, che conservo, contenente un articolo dal titolo “Presentata la «Quaterna» – Nuovo treno suburbano”, nel quale è intervistato l’ing. Francesco Melis, all’epoca Direttore del Compartimento FS di Genova. La presentazione alla stampa era avvenuta nell’agosto 1976, a seguito di un viaggio di prova tra Genova e Novi. L’articolo riporta il costo dei nuovi treni (887 milioni di lire per un convoglio di quattro elementi) e ne esalta la capienza, 390 posti a sedere e 420 in piedi, confrontandola con quella dei precedenti treni del tipo ALe 803, curiosamente indicati dal giornalista come “littorine”.

Progettate nella prima metà degli anni Settanta, le elettromotrici ALe 801/940 rappresentano proprio la naturale evoluzione delle ALe 803 concepite quindici anni prima. Ogni treno è composto di quattro elementi, da cui la denominazione “Quaterna”, che in realtà non ebbe grande successo. Gli elementi motorizzati, posti alle estremità, furono classificati in due Gruppi: ALe 801, con vano per i bagagli e 80 posti a sedere, e ALe 940, senza bagagliaio e con 94 posti a sedere, peraltro del tutto identici dal punto di vista dell’equipaggiamento elettrico e di trazione. Le carrozze intermedie, immatricolate nel gruppo Le 108, in virtù dei 108 posti a sedere raggiunsero il record di capienza per i veicoli a singolo piano, record ottenuto però a scapito della comodità, con uno spazio tra i sedili affacciati piuttosto stretto [1].

Il primo di questi 65 treni, costruiti fino al 1979, fu assegnato al Deposito di Brignole. A metà carriera, nel 1995, nell’impianto genovese risultavano presenti 32 rimorchiate Le 108, 15 ALe 801 e 16 ALe 940, mentre i restanti convogli erano ripartiti fra Roma Smistamento, Mestre e Milano Centrale [2]. Successivamente alcune unità furono trasferite a Trieste; tuttavia le sedi d’assegnazione si mantennero piuttosto stabili.

Dopo il 2010, l’entrata in servizio di materiale nuovo, soprattutto carrozze Vivalto e, in Friuli – Venezia Giulia, i treni “Civity”, ha condotto al progressivo accantonamento delle “Quaterne”. Verso la fine del 2015 si segnalavano tre complessi disponibili a Genova e altrettanti a Trieste [3]. Al momento attuale, a Genova è in funzione un solo treno con due ALe 940, la n.049 e la 050, del 1978, per il servizio viaggiatori tra Voltri e Nervi.

Quindi soltanto le unità più longeve hanno sfiorato i quarant’anni, valore un po’ inferiore alla vita media di questo tipo di rotabili, visto che elettromotrici di serie precedenti hanno circolato per quasi mezzo secolo.

Ciò che ha fatto apparire precocemente invecchiate, soprattutto agli occhi dei viaggiatori, le nostre Arance meccaniche, tecnicamente ancora valide, è il confronto con le carrozze più moderne: sono penalizzanti le scale d’accesso troppo alte, la climatizzazione inadeguata e la ristrettezza dello spazio fra i sedili, fattori ritenuti oggi più importanti che in passato, anche nei servizi per i pendolari.

In realtà, il “modulo”, termine tecnico che indica la distanza fra coppie di sedili affacciati, nelle ALe 801/940 è di 1500 mm, lo stesso valore delle ALe 803 e in origine adottato anche per le carrozze a piano ribassato. Ma queste ultime sono state recentemente ammodernate, col rifacimento degli interni, degli impianti di bordo e una nuova disposizione dei posti a sedere, che non corrispondono più ai finestrini ma lasciano più spazio ai viaggiatori. Un analogo intervento avrebbe forse prolungato la carriera pure alle Arance meccaniche ma probabilmente ciò non è stato ritenuto economicamente vantaggioso.

 

 

 

[1] G. Cornolò, “Automotrici elettriche”, Ermanno Albertelli Editore, 1985

[2] D. Haydock, “Italian Railways”, Platform 5 Publishing Ltd, 1995.

[3] Rivista “I Treni”, n. 386, Novembre 2015, pag. 4.
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Marco Galaverna

Nato a Genova nel 1963, si è laureato in Ingegneria Elettronica presso l’Università degli Studi di Genova e presso il medesimo ateneo ha conseguito il Dottorato in Ingegneria Elettrotecnica. Dal 1989 fornisce supporto presso la stessa Università alle attività didattiche per diversi corsi attinenti all’Ingegneria dei Trasporti. Socio dal 1990 del Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani (C.I.F.I.) è stato Delegato della Sezione di Genova di tale Collegio dal 1998 al 2006. È autore di oltre 100 pubblicazioni scientifiche nel campo dell’Ingegneria dei Trasporti e del libro “Tecnologie dei trasporti e territorio” insieme al Prof. Giuseppe Sciutto. Dal 1992 è docente di Elettronica e materie affini presso l’Istituto d’Istruzione Secondaria Superiore Einaudi-Casaregis-Galilei di Genova.