di Marco Galaverna

Fino a qualche decennio fa, una presenza caratteristica di molte piccole e medie stazioni era il dirigente movimento, che dava il comando di partenza ai treni con l’apposita paletta. Altrettanto caratteristico accompagnamento sonoro, per lo più sul marciapiede del primo binario, era fornito dalle campanelle Leopolder, qua e là sopravvissute, e dai rintocchi isolati delle suonerie degli istrumenti di blocco.

Da fine Ottocento, varie reti ferroviarie svilupparono apparecchiature tecniche per aumentare la sicurezza della circolazione garantendo, lungo le linee, il necessario distanziamento fra i treni. Poiché necessitavano di essere azionati dal personale, tali sistemi furono detti di blocco elettrico manuale.

Pur differenti nelle apparecchiature e, in parte, nel funzionamento, i sistemi avevano in comune l’idea di base: ogni stazione, per disporre a via libera un segnale di partenza e immettere un treno in linea, deve chiedere alla stazione successiva un consenso, il quale si manifesta con l’invio di una corrente elettrica fra le due stazioni, su un circuito dedicato, corrente che eccita un relè necessario alla manovra a via libera del segnale. In più, finché il primo treno non esce dalla sezione di linea, alla stazione a valle risulta impossibile, in virtù di un blocco elettromeccanico, concedere consensi per un secondo treno: quindi, un sol treno per volta fra due stazioni

In Italia, dopo la sperimentazione col blocco Hodgson e le applicazioni del blocco Cardani, che raggiunse la massima estensione di circa 2500 km di linee verso il 1935, ebbe grande diffusione il blocco elettrico manuale con le apparecchiature denominate istrumenti di blocco FS 1938, le quali sostituirono le apparecchiature precedenti.

Le linee attrezzate con gli strumenti tipo 1938, in breve detto blocco FS, raggiunsero la massima estensione di 7048 km nel 1978, allorché il sistema, ricoprendo il 43% della rete nazionale, risultava il tipo di impianto di blocco più diffuso. Negli anni successivi, la graduale sostituzione con sistemi più moderni, dal funzionamento automatico e compatibili col telecomando delle stazioni, ridusse man mano la presenza del blocco FS, che ormai è quasi, sebbene non del tutto, scomparso.

Rispetto alla gestione della circolazione dei treni basata sul solo telegrafo o, dal 1963, sul telefono, il blocco FS apportò, alla sua epoca, un importante incremento di sicurezza e fluidità. Ma i limiti del sistema si palesarono con l’aumento del traffico ferroviario e la volontà di ridurre i costi d’esercizio della rete.

Due risultarono, col tempo, i principali inconvenienti. In primo luogo, la necessità di presenziare ogni posto di blocco, stazione o altra località di servizio, almeno con un addetto, proprio per il funzionamento dell’istrumento FS 1938, anche laddove l’apparato centrale si sarebbe potuto rendere telecomandabile o automatico. In secondo luogo, il sistema è capace di avvertire l’uscita di un treno da una sezione di linea (nel linguaggio tecnico, la liberazione della tratta) ma non di rilevare eventuali carri o carrozze sganciati e persi da un treno in corsa, evento rarissimo che pure, nel secondo Novecento, ha causato almeno un incidente disastroso.

I tentativi di aggiornare il blocco FS per una maggiore sicurezza e una maggiore efficienza non mancarono e, trattandosi di modifiche tecniche d’una certa complessità, dedicheremo all’argomento una pagina futura della nostra rubrica.

Per ora, un commento alla fotografia. Nella scuola in cui insegno, l’Istituto Tecnico Galilei di Genova, è conservato un istrumento FS 1938 a scopo museale. Purtroppo nessuno ricorda la storia di quest’oggetto e come e quando esso sia giunto nell’Istituto. L’istrumento presenta due peculiarità curiose. Primo, sulla targhetta centrale manca la stampigliatura. Ogni istrumento in esercizio porta stampigliato il nome della località con cui corrisponde, cioè la località a monte o a valle a cui è elettricamente collegato. Come spiegare l’assenza della stampigliatura sul nostro istrumento? Forse non fu mai utilizzato in una stazione.

Secondo, mancano la lampada di segnalazione e il relativo tasto di spegnimento. Quando una stazione riceve una richiesta di consenso per l’invio d’un treno in linea, nell’istrumento ricevente si accende una lampada che rimane accesa fino a che l’addetto non la spegne con l’apposito tasto. Nel posto ricevente, una richiesta di consenso provoca rintocchi della suoneria nell’istrumento interessato. Ma l’addetto, per un motivo qualunque, potrebbe non sentire i rintocchi; inoltre, sebbene il timbro delle suonerie dei due istrumenti d’una medesima stazione sia differente, distinguere le suonerie a orecchio, nelle località di diramazione con tre o addirittura quattro istrumenti di blocco può essere difficile. La lampada di segnalazione fu introdotta appunto per agevolare l’addetto nell’individuare l’istrumento che riceve la richiesta di consenso.

Come spiegare l’assenza della lampada nel nostro istrumento? Forse esso risale a un’epoca precedente la sua introduzione. Chissà se qualche lettore della nostra rubrica, magari ex – allievo dell’Istituto Galilei, potrà far luce sul piccolo mistero.