DI MARCO GALAVERNA

Anche dodici mesi fa dedicammo una pagina della nostra rubrica a quelle linee ferroviarie italiane che, in tutto o in parte, erano state inaugurate cento anni prima. Diciamo subito che l’anno in corso non è molto ricco di tali ricorrenze: le linee aperte nel 1925 furono poche e ancor meno sono le sopravvissute.

In ambito FS, a prescindere da varianti di tracciato o raccordi, le uniche tratte aperte all’esercizio nel 1925 furono la Pozzuoli – Napoli Piazza Garibaldi (14 km) e la Legnago – Cologna Veneta (13 km).

La prima, di grande importanza, rappresenta il primo vero “passante ferroviario” in Italia, prolungato poi verso nord fino a Villa Literno, per connettersi alla Direttissima Roma – Napoli via Formia, ultimata nel ’27, e verso sud a Gianturco, per connettersi alla Napoli – Salerno. Elettrificata dall’origine con la terza rotaia a 650 V, fu nel ‘35 convertita al sistema con linea aerea a 3 kV c.c.; oggi è inserita nel sistema di trasporto urbano di Napoli con la denominazione “Linea 2” della Metropolitana ma è di fatto un passante ferroviario RFI sul quale transitano treni di ogni tipo.

La seconda è la sezione iniziale di una lunga linea ferroviaria (116 km) concepita, soprattutto per esigenze militari, per attraversare il Veneto da Treviso a Ostiglia, località in provincia di Mantova situata lungo la Verona – Bologna. Il collegamento Treviso – Ostiglia fu completato nel 1941 ed ebbe vita breve. La tratta alta fra Treviso e Grisignano di Zocco, danneggiata durante la guerra, fu chiusa negli anni ’50 – ’60; tra il 1965 e il ’67 furono poi abbandonate, a sud, la tratta Ostiglia – Legnago e, a nord, la Grisignano – Cologna Veneta, sicché la prima tratta costruita, quella centrale, fu anche l’ultima a essere chiusa, nel 1985, allorché da tempo era utilizzata soltanto per tradotte a servizio delle locali installazioni militari. L’intero percorso è stato di recente destinato a pista ciclabile.

Per le altre realizzazioni dobbiamo guardare fuori dell’ambito FS: le cosiddette “ferrovie concesse”. La più significativa è la ferrovia Bribano – Àgordo in provincia di Belluno, lunga 28 km, aperta appunto nel 1925 a scartamento ordinario, elettrificata fin dall’origine in corrente continua a 2200 V. Questa linea, concepita soprattutto per il trasporto di pirite e di altri minerali estratti dal comprensorio della Valle Agordina, fu regolarmente percorsa anche da treni viaggiatori, che nella stazione di Sèdico – Bribano trovavano coincidenza con i treni FS della linea, tuttora attiva, Padova – Calalzo. Peggior destino occorse invece alla Bribano – Àgordo che, un po’ per la cessazione delle attività minerarie, un po’ per la concorrenza stradale, venne frettolosamente chiusa nel 1955, prima dello sviluppo turistico della zona che, in tempi allora da venire, avrebbe potuto giustificarne la sopravvivenza.

Le rimanenti aperture sono soltanto parziali, riguardano cioè sezioni di linee. Ricordiamo dapprima, anche perché ancora in funzione, la Ceglie Messàpico – Martina Franca (25 km, in Puglia), tratta terminale della Lecce – Martina Franca, a scartamento ordinario e non elettrificata, assunta nel 1931 dalle Ferrovie del Sud – Est (FSE) e recentemente acquisita dal gruppo Ferrovie dello Stato Italiane.

Da ultimo, sempre nel 1925 fu aperta in Trentino la breve sezione Rovereto – Mori (4 km), prolungamento della ferrovia Mori – Arco – Riva del Garda ultimata già nel 1891. Questa fu progettata, in un’epoca in cui la regione apparteneva all’Impero austro-ungarico, come collegamento fra la direttrice del Brennero e il Lago di Garda. Per il binario fu scelto lo scartamento ridotto austriaco di 760 mm e la località di diramazione venne per comodità di tracciato individuata a Mori, stazione della linea Bolzano – Trento – Verona.

Danneggiata nel corso della Prima Guerra Mondiale e penalizzata dalla crisi economica conseguente al conflitto, la ferrovia passò attraverso cambi di gestione fino a che la maggioranza delle azioni societarie entrò in possesso del Comune di Rovereto (TN), il quale promosse la realizzazione della tratta terminale Rovereto – Mori, con l’obiettivo di conseguire i vantaggi economici derivanti dalla presenza di una stazione capolinea. L’iniziativa non diede i risultati sperati e l’intera linea, per passività d’esercizio, fu chiusa già nel 1936.

Nella fotografia, alcune vestigia dell’elettrificazione dei raccordi ferroviari nel porto di Genova, con sostegni e mensole risalenti all’epoca del sistema trifase, compiuta appunto nel 1925 unitamente a quella della linea Genova Brignole – Sestri Levante.