di Marco Galaverna

 

Quando, da bimbo, andavo per le vacanze estive in una frazione di Castelletto d’Orba (AL), sentivo talora parlare della “Stazione di Castelletto”. Sebbene povero di nozioni tecniche, associavo l’idea di una stazione a quella dei treni, e perciò non comprendevo come si potesse chiamare così un luogo in cui non c’era alcuna traccia di binari. Infatti, avevo l’occasione di vedere il sito in parola allorché, per recarci in città, utilizzavamo una corriera che da San Cristoforo, passando per il nostro paesino, recava alla “Stazione di Castelletto”, dove si trovava coincidenza con i veloci bus extraurbani della linea Ovada – Novi. Questa “Stazione” era un fabbricato posto in aperta campagna, lungo la strada provinciale e lontano dall’abitato, con un bar al piano terreno e una piazzola nella quale avveniva lo scambio dei viaggiatori fra le due autolinee, gestite dalla medesima società ARFEA.

Soltanto molti anni dopo seppi che effettivamente, in quella “Stazione”, ci erano passati i treni. La storia inizia con l’apertura al servizio commerciale della ferrovia Torino – Genova, passante per Novi (1854). I paesi del circondario iniziarono a studiare la possibilità di collegarsi efficacemente a Novi Ligure, anche per poter raggiungere Genova col treno anziché a dorso di mulo. L’idea di una tranvia a cavalli tra Ovada e Novi risale addirittura al 1855 [1] ma soltanto nel 1875 fu istituito un servizio di carrozze su strada fra i due centri, esteso l’anno successivo ad Alessandria. Il buon esito di questi collegamenti spinse le autorità locali a chiedere nel 1879 la concessione per la costruzione e l’esercizio di una ferrovia Ovada – Novi, la quale fu approvata con decreto ministeriale l’anno dopo. In assenza di particolari difficoltà di costruzione, essendo la zona pressoché pianeggiante, la linea poté essere aperta già nel 1881. Sei anni dopo si inaugurò la breve diramazione Basaluzzo – Frugarolo.

Per comprendere l’importanza, in quell’epoca, della ferrovia della Val d’Orba, va considerato che il collegamento ferroviario diretto fra Ovada e Genova, attraverso la galleria del Turchino, fu attivato soltanto nel 1894.

Dei 23 km di binario a scartamento normale tra Ovada e Novi, soltanto 7 km correvano in sede propria, poiché i restanti utilizzavano la sede di una strada preesistente; perciò l’impianto doveva avere le caratteristiche di una tranvia più che di una ferrovia. Anche le piccole locomotive a vapore erano, in parte, di tipo tranviario, cioè cabinate come il famoso “Gamba de legn” milanese. La linea era raccordata alla rete principale, più che altro per il servizio merci, a Novi Ligure e alla stazione di Ovada Nord, vicina al terminale della tranvia che fu fissato in piazza Castello. Nei pressi si impiantò anche un rimessa per i rotabili, ancora esistente e qui ripresa nella foto di Angelo Malaspina; curiosa è la presenza della staccionata in cemento tipo FS.

La rimessa rappresenta uno dei pochi manufatti della tranvia ancora visibili. Lungo il percorso, oltre alle stazioni di Silvano d’Orba, Pratalborato, Capriata d’Orba e Basaluzzo, vicine ai rispettivi paesi, vi erano altri punti di fermata che però, come quello già citato di Castelletto, erano distanti dall’abitato. Nonostante la lentezza del collegamento (in tempo di neve, nel 1946, un treno impiegò 24 ore da un capolinea all’altro, come riferisce lo storico ovadese Gino Borsari [2]), il trenino ebbe un buon successo. Per incrementare la velocità commerciale, nel 1940 alle locomotive a vapore furono affiancate cinque nuove automotrici diesel del tipo ALn 56 FIAT, simili a quelle fornite alle FS pochi anni prima.

Dopo la guerra, assai breve fu la sopravvivenza della ferrovia Basaluzzo – Frugarolo, chiusa già nel 1948. Più felice destino avrebbe meritato la Ovada – Novi, che nei decenni precedenti s’era giovata di bilanci d’esercizio migliori di altre linee consimili dei territori circostanti, e che poteva contare su un bacino di traffico interessante. Purtroppo, nel 1953, la soppressione giunse anche per la Ovada – Novi e i treni cedettero il posto alle corriere della Società Autotrasporti Alessandrini (S.A.A.). Le principali cause della chiusura vanno ricercate nel mancato ammodernamento delle infrastrutture e nella promiscuità della sede ferroviaria con quella stradale: la rimozione dei binari, infatti, consentì l’allargamento della strada, intervento reso allora opportuno dalla crescita del traffico su gomma.

Ancora oggi, ogni tanto, nella stampa locale fa capolino la nostalgia per il trenino della Val d’Orba. Il rimpianto per una ferrovia che non c’è più è condivisibile da tutti gli appassionati delle rotaie; ma, nello specifico, bisogna riconoscere che un ritorno del treno fra Ovada e Novi è davvero un’utopia. La vecchia sede del binario è occupata dalla provinciale e, tra Basaluzzo e Novi, lo sviluppo urbanistico ha occupato ogni area attigua, sicché l’ingresso in questa città di un ipotetico nuovo binario porrebbe grandi difficoltà.

 

RINGRAZIAMENTI

Ringrazio Angelo Malaspina per l’immagine della rimessa SAFVO di Ovada e la documentazione utilizzata nella presente pubblicazione.

 

[1] C. Bozzano, R. Pastore, C. Serra, “La Freccia del Turchino”, La Compagnia dei librai, 1999.

 

[2] Articolo n. 28, “Voce Fraterna”, aprile 1971.
******************************************
Marco Galaverna

Nato a Genova nel 1963, si è laureato in Ingegneria Elettronica presso l’Università degli Studi di Genova e presso il medesimo ateneo ha conseguito il Dottorato in Ingegneria Elettrotecnica. Dal 1989 fornisce supporto presso la stessa Università alle attività didattiche per diversi corsi attinenti all’Ingegneria dei Trasporti. Socio dal 1990 del Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani (C.I.F.I.) è stato Delegato della Sezione di Genova di tale Collegio dal 1998 al 2006. È autore di oltre 100 pubblicazioni scientifiche nel campo dell’Ingegneria dei Trasporti e del libro “Tecnologie dei trasporti e territorio” insieme al Prof. Giuseppe Sciutto. Dal 1992 è docente di Elettronica e materie affini presso l’Istituto d’Istruzione Secondaria Superiore Einaudi-Casaregis-Galilei di Genova.