di Marco Galaverna
Un tipo di veicolo ferroviario che ha avuto una sua parabola evolutiva, in verità non molto lunga, e, oggi quasi estinto, non sembra avere prospettive è il rimorchio per automotrici.
Le prime automotrici termiche italiane dotate di rimorchio furono le ALb 25 del 1931. Costruite in due esemplari dalla FIAT, erano una sorta di autobus a due assi su rotaia, capaci di 24 posti a sedere, incrementati appunto dagli altrettanti posti offerti da un rimorchietto senza cabina di guida, una piccola vettura a due assi appositamente progettata e costruita. Questi pionieristici mezzi restarono confinati alla breve linea Cerignola Città – Cerignola Campagna (7 km) e, presto accantonati, non fecero storia.
Le più importanti e numerose automotrici diesel messe in servizio dalle FS negli anni successivi (Gruppi ALn 56, ALn 556, ALn 772) furono concepite per viaggiare prevalentemente isolate o in coppia, senza vetture rimorchiate.
Un cambio di tendenza si ebbe negli anni Cinquanta, con le potenti ALn 880 e ALn 990, costruite da FIAT, Breda e OM, finalmente col motore sottocassa e l’intercomunicazione frontale.
Per le ALn 880, nel 1951, Breda costruì dieci rimorchi, con cabine di guida e mantici di intercomunicazione nascosti nel musetto, classificati Ln 880.2001 – 2010, esteticamente identici alle automotrici: si possono vedere nell’immagine ripresa nel Deposito Locomotive di Rimini, nel 1978. Altrettanto fece OM, nel 1950 –‘51, coi dieci rimorchi Ln 990.3001 – 3010 per le ALn 990. Una parziale anticipazione di queste soluzioni tecniche s’era avuta nel 1949 con i mezzi per le linee a scartamento ridotto della Sicilia, che meriteranno una pagina a loro dedicata.
La concezione dei rimorchi per automotrici è sempre derivata da un compromesso. Dall’origine, le automotrici termiche furono pensate per sostituire i treni con locomotiva a vapore e carrozze nei servizi locali a bassa frequentazione. Laddove i posti offerti da una singola automotrice (tipicamente fra cinquanta e settanta) non risultarono sufficienti, si previdero composizioni di due automotrici. Ma, in un secondo tempo, ragioni di economia e, su qualche linea, la necessità d’un ulteriore incremento di posti spinsero all’introduzione dei rimorchi, anche per realizzare composizioni di tre elementi.
Si ritenne che sulle linee pianeggianti ogni automotrice diesel avrebbe potuto trainare un rimorchio mentre, sulle linee a profilo misto, si sarebbe potuto intercalare un rimorchio fra due automotrici. Per la flessibilità d’esercizio, i rimorchi dovevano avere l’intercomunicazione e cabine di guida atte a pilotare gli attigui elementi motorizzati, un po’ come accade coi treni navetta.
Con queste impostazioni, nel decennio 1957 – 1967 furono progettate e costruite le serie più numerose di rimorchiate:
- trentadue unità, serie Ln 664.1400 (1957 – ’59) per le automotrici FIAT ALn 668.1400
- quarantanove unità, serie Ln 664.3500 (1957 – ’59) per le automotrici OM ALn 773
- dieci unità, serie Ln 779.3500 (1963 – ’66) per le automotrici OM ALn 873
- ventitré unità, serie Ln 882.1500 (1965 – ’67) per le automotrici FIAT ALn 668.1500.
Tutti questi mezzi ebbero una sola cabina di guida, con un apparente passo indietro rispetto ai Gruppi Ln 880 e 990 di pochi anni prima, dotati di cabine di guida a entrambe le estremità; probabilmente si privilegiarono la semplificazione degli impianti di bordo e il minor costo.
Le automotrici costruite nei decenni successivi, tutte derivate dal tipo ALn 668 FIAT, furono concepite senza rimorchiate. Dopo l’immissione in servizio delle ALn 663, per un ventennio le FS non acquisirono nuovi mezzi diesel. Con l’introduzione dei treni Minuetto, si aprì la strada a una nuova concezione dei mezzi leggeri a trazione termica. La soluzione tradizionale, caratterizzata dalla composizione variabile di elementi motorizzati e rimorchi lasciava il campo al treno a composizione bloccata.
Negli anni Duemila, l’accantonamento delle automotrici degli anni Cinquanta e Sessanta portò alla radiazione delle relative rimorchiate, che soltanto in pochissimi casi furono modificate per potersi accoppiare a mezzi più recenti. Poi, la riduzione dei servizi passeggeri sulla rete non elettrificata ha condotto al definito abbandono di quel tipo di rotabile, che oggi, almeno in campo FS, sopravvive soltanto per i treni storici.
I rotabili entrati in servizio per il servizio passeggeri sulle linee non elettrificate in questi ultimi anni, come i treni Swing, hanno ripetuto lo schema del Minuetto, ovvero la composizione bloccata, resa evidente dalla classificazione con la sigla ATR (acronimo di “autotreno”) in luogo delle precedenti ALn e Ln. Sul confronto fra le due soluzioni tecniche, che richiede un certo spazio, si potrà ritornare in una prossima occasione.
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Marco Galaverna
Nato a Genova nel 1963, si è laureato in Ingegneria Elettronica presso l’Università degli Studi di Genova e presso il medesimo ateneo ha conseguito il Dottorato in Ingegneria Elettrotecnica. Dal 1989 fornisce supporto presso la stessa Università alle attività didattiche per diversi corsi attinenti all’Ingegneria dei Trasporti. Socio dal 1990 del Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani (C.I.F.I.) è stato Delegato della Sezione di Genova di tale Collegio dal 1998 al 2006. È autore di oltre 100 pubblicazioni scientifiche nel campo dell’Ingegneria dei Trasporti e del libro “Tecnologie dei trasporti e territorio” insieme al Prof. Giuseppe Sciutto. Dal 1992 è docente di Elettronica e materie affini presso l’Istituto d’Istruzione Secondaria Superiore Einaudi-Casaregis-Galilei di Genova.