di Marco Galaverna

 

In una piccola serie filatelica che mi fu donata, emessa dalla Repubblica del Togo e dedicata ai treni dell’Africa, è presente un francobollo che ritrae una locomotiva italiana.

Il Togo è una piccola nazione che s’affaccia sul Golfo di Guinea e ha conservato il francese come lingua ufficiale. Sul francobollo si legge “Une 0 – 4 – 0 + 0 – 4 – 0 de construction italienne en Libye”. L’indicazione della successione degli assi segue la pratica americana, che scrive il numero delle ruote e non quello delle sale; noi scriveremmo 020 + 020 oppure B’B’. Dal disegno si riconosce una locomotiva a vapore FS Gruppo R.440, risalente all’epoca delle colonie.

Com’è noto, la colonizzazione attuata dal Regno d’Italia in territori d’oltremare si articolò in distinti momenti storici. I primi interventi coloniali italiani riguardarono una parte della Somalia, inizialmente controllata con la forma del protettorato (1889) e l’Eritrea; seguirono la conquista della Libia, con alterne vicende dal 1911, e dell’Etiopia (1936).

Nei territori colonizzati, il Regno d’Italia costruì linee ferroviarie caratterizzate dallo scartamento ridotto di 950 mm, utilizzato pure per un’ampia rete di linee secondarie soprattutto in Sicilia, in Sardegna e nelle regioni meridionali della Penisola, oggi in gran parte chiuse.

In Eritrea, la linea Massaua – Asmara, iniziata già nel 1888, fu completata nel 1911; successivamente essa fu prolungata fino a Biscia per un totale di 351 km. In Libia, dal 1912 fu avviata la costruzione di ferrovie da Tripoli verso est e verso ovest e, più tardi, da Bengasi verso Barce e verso Solluch; queste piccole reti libiche, meno di 400 km complessivi, attorno a Tripoli e a Bengasi, città affacciate sul Mediterraneo e quasi alle opposte estremità del Paese, non furono mai unite tra loro. In Etiopia, la ferrovia Gibuti – Addis Abeba di 784 km era stata costruita prima della guerra coloniale, perciò l’amministrazione italiana si limitò ad acquisirne l’esercizio dopo il 1936; particolarità degna di nota di questa linea è la quota massima che il tracciato raggiungeva sul livello del mare, pari a 2411 m. Oggi sullo stesso percorso esiste una ferrovia di nuova costruzione. Assai più brevi estensioni e più breve vita ebbero i tronchi aperti in Somalia.

Con l’eccezione di qualche tratto di interesse militare o provvisorio, realizzato con la tecnica Decauville, nelle costruzioni italiane fu adottato lo scartamento di 950 mm, condizione che consentiva di impiegare sulle ferrovie coloniali gli stessi rotabili che le FS usavano sulla rete a scartamento ridotto della Sicilia.

Così, le locomotive a vapore dei Gruppi R.401, R.301, R.302 fecero servizio sia in Sicilia sia nelle colonie. Un po’ diversa fu la storia delle locomotive R.440, quelle del nostro francobollo, le quali iniziarono a essere impiegate dalle FS in Italia ma furono poi tutte, tra gli anni Venti e il 1939, inviate in Africa, dove alcune sono sopravvissute fino a oggi, [1].

Le R.440 sono locomotive a vapore tipo Mallet, con il meccanismo motore suddiviso in due parti, un gruppo di due assi azionato dai cilindri ad alta pressione e un altro gruppo uguale azionato dai cilindri a bassa pressione. Le Mallet sono una sorta di locomotive a vapore “a carrelli”, nel senso che non hanno un unico complesso di assi motori e accoppiati, rigido e solidale alla cassa, bensì uno dei due gruppi di assi ha una piccola libertà di movimento rispetto al telaio e da ciò deriva una maggiore facilità di inserimento della locomotiva in curva.

Le locomotive Mallet ebbero il maggior successo, in termini di evoluzione tecnica e prestazioni, negli Stati Uniti ma si diffusero pure in varie reti europee ed extraeuropee. In Italia, la fortuna delle Mallet rimase modesta, forse anche perché l’industria nazionale aveva poca esperienza nella costruzione di locomotive di questo tipo e per gli acquisti era necessario rivolgersi all’industria straniera, soprattutto ai costruttori di lingua tedesca.

Le R.440 del francobollo sono con ogni probabilità le uniche locomotive Mallet di costruzione italiana, essendo state prodotte da Ansaldo e da Officine Meccaniche Reggiane in varie serie, negli anni Dieci e Venti. Lo scarso successo di queste locomotive in patria è da mettere in relazione con la potenza insufficiente, 250 CV continuativi (184 kW), che per una macchina a quattro assi motori sono veramente pochi.

 

[1] Nico Molino, La rete FS a scartamento ridotto della Sicilia, Edizioni Elledi, 1985