DI LUANA ROSSINI
Vivere in Italia è un privilegio riservato a pochi perché abbiamo la possibilità di fare i turisti nelle città, borghi e paesi in cui abitiamo. Genova, in estate e alla domenica, riserva l’ingresso gratuito per i residenti ai Musei di Strada Nuova (via Garibaldi) e a molte mostre. Ad agosto, nel meraviglioso Palazzo Grillo che è inserito nei Rolli, ho visitato “In viaggio con Dickens in Liguria”: il Palazzo e Piazza delle Vigne, con la sua Chiesa, valgono già il “viaggio”. Dickens soggiornò in Italia dal luglio 1844 al giugno 1845 e scelse proprio Genova per risiedere nel nostro paese. Dickens descrisse il viaggio in “Pictures of Italy” e nelle numerose lettere scritte agli amici di Londra. Ma quale Genova vide e volle vedere l’autore, tra le altre, di opere quali “Il Circolo Pickwick”, “Le avventure di Oliver Twist”, “David Copperfield”, “La piccola Dorrit” e il famosissimo “Canto di Natale”? Dickens non amò particolarmente la dimora di Albaro, Villa Bagnarello (da lui soprannominata Prigione rosa – amerà moltissimo, invece, Villa Doria di Pegli), perché era attratto dalla Genova “delle strade squallide, puzzolenti, sporche, piene di bambini seminudi che sono nel centro storico”, vicinissima alle ambientazioni dei suoi romanzi di critica sociale dell’Inghilterra del XIX secolo, come Tempi difficili. Vede una città che finì di essere Repubblica di Genova nel 1814 col Congresso di Vienna per essere inglobata nel Regno di Sardegna. Vittorio Emanuele I stabilì la sua residenza in palazzo Tursi a cui lavorò l’architetto Carlo Barabino con la supervisione di Brignole Sale quindi, alle condizioni di povertà dovute agli sconvolgimenti storici di inizio ‘800, si affianca quel rilancio urbanistico e culturale della città ben visibile nei decenni successivi. Dickens visita le strade dei grandi palazzi, vede in corso d’opera i lavori alla facciata della chiesa dell’”Annunciata” e dell’Acquasola, tuttavia ama i vicoli, i negozi, i mendicanti, gli odori (“puzza, se il mio naso merita fiducia” – scrive) e i profumi, ciò che non si trova nelle guide ma che è il cuore pulsante di Genova. Intuisce sin da subito il rapporto della città col mare “non ho mai visto… in qualunque cosa, immagine, libro… un terribile, solenne, impenetrabile blu, come questo mare” in cui ama nuotare. E sin da subito intuisce anche la particolarità delle strade: “salgono spesso su in alto per poi scendere giù fino a quasi in riva al mare; abbastanza larghe per poter osservare gli affreschi dei palazzi che le corrono a fianco, tanto strette da far passare solo chi è a piedi” e un giorno vede alcune persone che, nei pressi della Dogana, prendono le misure della carrozza per capire se il veicolo sarebbe riuscito a passare. In un altro episodio del genere scrive: “in Albaro un’anziana signora fu costretta ad uscire dalla parte anteriore della carrozza in quanto le porte della stessa non si potevano aprire da quanto era stretto il vicolo”. In un’altra lettera ricorda che dalle finestre pende sempre qualcosa, un tappeto, una fila di vestiti, c’è sempre qualcosa e, sempre riguardo ai vicoli, tutto è venduto dove meno te lo aspetti. Nota quanti uomini si chiamino Giovanni Battista, un nome che gli rimane così impresso da usarlo in due suoi racconti: “Batcheetcha nel patois genovese, che pronunciato sembra uno starnuto”. Dickens visiterà anche il monte Faccio e il Santuario della Guardia e, dopo le sue gite fuori porta, annota ricette e piatti, tra cui le trippe, che ritroviamo nel racconto di Natale “Le Campane”; descrive una salsiccia con aglio, taglierini, ravioli, cresta di gallo e rognone; non mancano i vini, soprattutto il bianco. Lo scrittore, da parte sua, porta a Genova una torta tradizionale inglese, la Torta della Dodicesima Notte (Twelfth Night Cake) che, malconcia per il viaggio, verrà rimessa in sesto dalla pasticceria Klainguti e sarà esposta in vetrina dove attirerà moltissimi clienti che non avevano mai visto un dolce del genere in città. Come altri inglesi famosi, tra cui Byron, Yeats, Shelley, Kent, Dickens amò tantissimo Genova e la Liguria e fu proprio a Genova che, nella sua prima estate del 1844, ispirato dalle campane della città, scrisse The Chimes (Le Campane, appunto), il suo secondo racconto di Natale.
Fu a Londra, dopo il suo primo soggiorno italiano, che conoscerà di persona un grande genovese: Giuseppe Mazzini, esule nella capitale inglese dal 1837. Dickens stima molto Mazzini per ciò che fa a Londra a favore dei ragazzi più poveri, soprattutto la fondazione della Scuola Gratuita istituita nel 1841. La scuola è frequentata dai figli degli immigrati italiani detti Italian organ boys, così chiamati perché suonavano l’organetto quando chiedevano l’elemosina lungo le strade. In questa stessa scuola insegnò anche il patriota Gabriele Rossetti. Dickens finanziò la scuola, la visitò in Greville Street, il quartiere della comunità italiana immigrata a Londra, dove ambientò la storia di Oliver Twist.
Dickens tornerà a Genova circa dieci anni dopo, nel 1853, per ripercorrere i posti che gli erano rimasti impressi. Nel 1862 scrive a un amico giornalista “è possibile che io possa prendere l’opportunità di andare a Genova”, sarebbe stata la terza volta, a testimonianza di quanto questa città gli sia sempre rimasta nel cuore. Nel 1866 una coppia di amici sceglie Genova per visitare i luoghi dove Dickens aveva soggiornato e gliene parleranno in una lettera; questa la sua risposta: “la tua mappa mi porta davanti la mia amata Genova, e mi piacerebbe davvero che il mio cuore guardasse giù la sua baia, ancora una volta, dalle alte colline”.
Quattro anni dopo, il 20 giugno 1870, la Gazzetta di Genova riporta la notizia della sua morte.
Chiunque sia di Genova o vi sia stato non tanto da turista quanto da curioso, non fa fatica a capire ciò che scrive Dickens: anche per me, turista nella mia città, ogni volta è così. “Genova è un posto che cresce dentro di voi giorno per giorno. Sembra sempre che vi sia qualcosa da scoprirvi. Potete smarrire il vostro cammino (che cosa gradevole è, quando siete senza meta!) venti volte al giorno, se vi aggrada; e ritrovarlo tra le più sorprendenti ed inaspettate difficoltà” (C. Dickens).
(Per questo articolo mi è stata d’ispirazione la mostra in Palazzo Grillo e, per le numerose informazioni, la lettura del libro “Genova con gli occhi di Dickens” di M. Cazzulo e M. Frulio – Sagep Editori, 2023)