di Valentina Bocchino
Tutto pronto, a Genova, per il concerto di Fabrizio Poggi, sabato 24 luglio alle 21 al cinema teatro Albatros di via Roggerone. Il bluesman di fama internazionale, cantautore e armonicista, nominato ai Grammy Awards 2018 (secondo dopo i Rolling Stone), porterà a Genova il suo spettacolo “Il soffio della libertà”, che unisce blues e diritti civili. L’evento è organizzato nell’ambito dello “Scoglio dell’Albatros”, spazio socioculturale in Valpolcevera di DLF Genova e Artesulcammino. L’evento di sabato è realizzato in collaborazione con Agenzia #Wintowin, e con il patrocinio di DLF Associazione Nazionale, Comune di Genova, Municipio Valpolcevera, Inat e Hdi.
Sabato 24 luglio ore 21: Fabrizio Poggi in concerto al cinema teatro Albatros di via Roggerone 8 Sabato 24 luglio ore 17: presentazione del libro di Angela Megassini (Angelina) “Volevo fare la deejay” al DLF Genova di via Roggerone 8 |
E la musica si trasforma così in un canto di speranza, quella di cui abbiamo tutti bisogno specialmente in questo momento di pandemia. Il luogo poi è fortemente simbolico: siamo in un quartiere a pochi metri dal luogo del disastro del ponte Morandi, crollato nel 2018 causando non solo 43 morti ma anche centinaia di sfollati tra Certosa e Sampierdarena. E, parlando di libertà e diritti, non si può non pensare al ventennale del G8, e agli orrori della caserma di Bolzaneto, sempre per rimanere in Valpolcevera.
«C’è più di un fil rouge che unisce il luogo in cui suonerò con le tematiche affrontate nello spettacolo – ci racconta Fabrizio Poggi -. Ne “Il soffio della libertà” racconto la lotta struggente degli afroamericani per la libertà, non solo per la loro ma per quella di tutti quanti. Martin Luther King diceva che non saremo mai liberi finché tutti non lo saranno. Le canzoni che i neri cantavano durante le marce sono state davvero un’arma potentissima durante il loro percorso di lotta».
Dunque la musica come segno di grande speranza anche per chi l’ha perduta: «Certo, e a proposito cito il disco che ho dato alle stampa circa un mese fa, inciso con un pianista, Enrico Pesce. Abbiamo deciso di chiamare l’album proprio “Hope”, perché è un momento in cui c’è davvero bisogno di speranza. La frase che apre il libretto del cd dice “La paura può farti prigioniero, la speranza può renderti libero”, tratta dal film “Le ali della libertà”. È una frase ancora molto attuale in questo momento di pandemia in cui pensiamo che tutto sia passato, e non è vero. A volte sentiamo forte lo scoramento, e la musica e i concerti possono essere davvero una cura. Se si cammina nella speranza non si camminerà mai da soli: questo è quello che è successo agli afroamericani. Mi piace pensare che nel blues non esistano veramente palco e platea: siamo tutti connessi sotto una veranda in Mississippi, e questa veranda la troveremo al teatro Albatros sabato sera, nella Valpolcevera ancora ferita dal crollo del ponte, e ovunque ci siano un’anima e un cuore che hanno bisogno di un po’ di carica».
E la grinta hanno dovuto tirarla fuori anche gli artisti, in questi mesi durissimi, privati del loro pubblico: «Un musicista ha bisogno del contatto con il pubblico, soffrivo da matti le dirette che facevo sul web, perché il momento del concerto è una specie di comunione, una sorta di rito civile in cui “officiante” e “fedeli” spesso si cambiano di ruolo».
La memoria torna anche a quello che è successo 20 anni fa a Genova, al G8, anche poiché l’Albatros è relativamente vicino alla caserma di Bolzaneto, teatro di uno dei momenti più bui della storia di quei giorni di luglio 2001 (e non solo): «Luoghi in cui c’è stata sofferenza ce ne sono davvero tantissimi ricordo le botte della polizia ai dimostranti che nel 1965 volevano andare da Selma a Montgomery, attraversando un ponte, solo per chiedere al governatore il diritto al voto, che c’era già, ma nessuno voleva riconoscerlo davvero agli afroamericani».
Insomma, conclude Poggi, «il soffio della libertà appartiene a tutti coloro che chiedono un mondo migliore e diverso. Sono tutte parti della stessa narrazione, di chi chiede qualcosa e dall’altra parte trova un muro o addirittura una repressione violenta. Noi pensiamo a Selma e pensiamo agli Stati Uniti, un mondo lontano, ma Paul Auster diceva che la verità della storia sta nei dettagli, e dunque ci si può veramente riconoscere in molti dei brani che suonerò sabato, al di là del colore della pelle e della lingua che si parla».