di Luana Rossini
Il numero di Superba che stiamo preparando in questi giorni parlerà molto di ferrovia, di quello che vivono i colleghi ancora in attività e che tanto ha riguardato anche i colleghi già in pensione. Come preannunciato nel numero precedente, oggi vi parlerò di Sicurezza.
“Securitas” era la dea romana che personificava la sicurezza, in particolare la sicurezza dell’Impero Romano. Era raffigurata sulle monete, spesso con le sembianze di una donna appoggiata a una colonna, per infondere calma e tranquillità in senso propagandistico, soprattutto nei periodi più insicuri dell’Impero. La parola è composta dal prefisso ‘sine’ (senza) che indica assenza e dal sostantivo ‘cura’, che significa premura, attenzione, riguardo.
L’etimologia ci sorprende: ci svela un significato fortemente negativo per chi, come oggi, è abituato a pensare la sicurezza non certo come mancanza di cura o di attenzione.
La storia, anche quella odierna ai tempi del covid, ci è d’aiuto per capire come questa parola vada intesa nel profondo. Tacito, nelle sue ‘Historiae’, aveva descritto il popolo di Roma provato e scioccato da una terribile guerra civile che, nel 69 d.C., mostrava una città in cui ogni strada era macchiata dal sangue e lastricata di cadaveri ammassati ovunque. Il popolo, invece di inorridire davanti a tanta violenza, ‘sine curae’ continuava a partecipare alle feste antiche. Anche noi, dopo i primi giorni del 2019 in cui eravamo scioccati dalle centinaia di morti che ci comunicava il telegiornale, in seguito ci siamo come abituati a questo bollettino di guerra, proprio nel senso di sine cura.
Continuando la ricerca dell’intimo significato dei due termini ‘sine’ e ‘cura’, il concetto giunto ai nostri giorni, che in linguistica si chiama “cambiamento semantico” (cambio di significato), riporta al concetto opposto, cioè ‘senza paura’. Per capire questo passaggio, dobbiamo passare dall’originaria traduzione latina a quella medievale italiana, a Siena, in cui in una stanza del Palazzo Pubblico, detta ‘Sala del Consiglio dei Nove’ o ‘Sala della Pace’, c’è una delle prime opere di carattere laico nella storia dell’arte medievale: nell’affresco vi è il Bene contrapposto al Male, la Pace alla Guerra, la Luce al Buio e troneggia una donna nuda e alata: la Securitas. Anche questa immagine è innovativa perché per la prima volta la nudità non ha un significato negativo (in passato le nudità erano riservate alle anime dei dannati).
L’immagine della Sicurezza persegue il messaggio dicotomico bene/male che contraddistingue l’opera: in una mano (la sinistra) sostiene un delinquente impiccato, simbolo di una giustizia implacabile, nell’altra (la destra) regge un confortante cartiglio che recita:
«Senza paura ogn’uom franco camini / e lavorando semini ciascuno / mentre che tal comuno / manterrà questa donna in signoria / ch’el alevata arei ogni balia».
La donna (Securitas) è mantenuta in signoria dall’uomo libero e senza paura, in quanto agli ingiusti è stato tolto ogni potere, ogni arbitrio; la sicurezza, quindi, priva di ogni copertura e di ogni asperità, è nuda come la verità.
Anche noi possiamo analizzare le due parti contrapposte calandolo nel nostro lavoro: la sicurezza, buona e positiva, e l’insicurezza, cattiva e negativa, cercando di percepirle e comprenderle in modo univoco allorché sono separate l’una dall’altra e, comunque, tenendo ben presente che la realtà è più complessa e in continua evoluzione. A mio parere, quindi, chi si occupa di Sicurezza è un po’ come l’eroe che, pur conoscendo il pericolo e i rischi, si attrezza e si prepara lo stesso ad affrontare la sua battaglia, cercando in tutti i modi di vincerla.
(Ispirato a un articolo di Paolo Pieri, ingegnere civile presso Studio Tecnico, Progettazione edile, Sicurezza)