di Elisabetta Spitaleri
CAFÈ EXPRESS (Italia, 1980) regia di Nanni Loy
Il soggetto della commedia nacque sull’onda del successo della miniserie televisiva “Viaggio in seconda classe” (1978) ideata da Nanni Loy per la TV, una sorta di candid camera tra gli scompartimenti dei treni, realizzata in tredici settimane di riprese in ogni tratta ferroviaria italiana. Sui vagoni della seconda classe furono installate telecamere nascoste. Gli attori creavano situazioni per stimolare i viaggiatori al dialogo, alle confidenze, a dibattiti sui temi allora di attualità come criminalità e terrorismo, oppure alla chiacchiera leggera.
In questo inedito spaccato dell’Italia, Nanni Loy incontrerà un uomo con berretto a coppola e una mano paralizzata che parla in napoletano e si arrangia a vendere caffè fatto in casa sui treni. Da questo incontro nascerà il personaggio di Michele Abbagnano, interpretato da un eccezionale Nino Manfredi che per questo ruolo vinse il Nastro d’Argento (al film andò quello per la miglior sceneggiatura).
Il film è un viaggio grottesco in quella Italia che si inventa mille mestieri per sfuggire alla miseria e alla perenne disoccupazione. Michele ha un figlio da mantenere e curare e per questo si arrangia a vendere clandestinamente caffè, latte e cappuccino sul convoglio che nelle ultime ore della notte viaggia da Vallo della Lucania a Napoli e per arrotondare si presta a piccoli servizi come dare la sveglia in prossimità delle stazioni o coprire le effusioni degli innamorati. Ormai fa parte di quel treno, sempre lo stesso, ma una notte succede di tutto: il figlio, stanco di stare in collegio, lo raggiunge, un “boss” che sa della sua attività vuole imporgli la sua protezione, lo stesso personale del treno, sollecitato dal ministero e preoccupato per l’arrivo di un Ispettore capo, dà il via ad un’estenuante caccia all’uomo. Alla fine Michele verrà catturato ma, aiutato un po’ da tutti e grazie soprattutto ad un’astuta sceneggiata del figlio, se la caverà. Il personale del treno, i poliziotti e lo stesso ispettore non se la sentiranno di firmare il verbale dell’arresto, rimbalzandoselo vicendevolmente.
In fondo, cosa faceva di male il povero Michele? Certo, diceva qualche bugia per suscitare compassione perché lui con la compassione poteva camparci senza rubare e poi, per dirla con le sue parole: “Il caffè è un amico, un amico che ti tiene sveglio, fa sta’ più allegri e qualche volta evita i dispiaceri”.