DI MARCO GALAVERNA

Gli storici fanno coincidere la seconda rivoluzione industriale col principio della distribuzione dell’energia elettrica, essendo la prima rivoluzione industriale quella legata all’uso del carbone per le macchine a vapore, iniziato in Inghilterra alla fine del Settecento. La distribuzione dell’energia elettrica nei modi che oggi conosciamo esordì invece nell’ultimo decennio dell’Ottocento e fu resa possibile da un’invenzione mai abbastanza ricordata: il trasformatore.

Nelle pionieristiche elettrificazioni tranviarie e ferroviarie di fine Ottocento, in corrente continua, i conduttori di contatto (linea aerea o terza rotaia) furono alimentati direttamente da centrali di produzione attrezzate con dinamo, senza linee primarie e sottostazioni di conversione, cosa resa possibile dalla limitata lunghezza dei binari elettrificati.

Ma non appena si sperimentò la trazione elettrica in corrente alternata e l’estensione delle linee elettrificate superò il valore di qualche decina di km, si impose la soluzione caratterizzata da linee primarie in media o alta tensione, collegate ai conduttori di contatto tramite sottostazioni equipaggiate da trasformatori abbassatori, schema che vide in Italia le sue prime applicazioni nel 1901 e che, con le varianti via via sviluppate, è rimasto immutato fino a oggi.

Iniziava così l’importante presenza dei trasformatori nella trazione elettrica ferroviaria, i quali, oltre agli impianti fissi, in pochi anni sarebbero entrati a far parte anche dell’equipaggiamento di bordo delle locomotive. Infatti, sebbene ancora non necessario nel sistema trifase italiano a 3400 V, nel quale i motori delle locomotive potevano essere alimentati direttamente alla tensione di rete, con l’avvento del sistema a c.a. monofase a 11 o 15 kV, e poi a 25 kV, il trasformatore abbassatore a bordo dei mezzi di trazione diveniva un elemento fondamentale, la cui funzione si è perpetuata fino alle realizzazioni attuali.

Per conoscere la storia di questo apparecchio occorre risalire al 1882, anno in cui Lucien Gaulard (1850 – 1888) propose un “generatore secondario” per modificare l’ampiezza di una tensione elettrica alternata. Questa macchina di sua invenzione consisteva in due bobine di filo conduttore avvolte su uno stesso nucleo ferromagnetico a singola colonna; alimentando una bobina con una certa tensione, ai capi dell’altra si otteneva una tensione di ampiezza diversa, in proporzione al numero delle spire degli avvolgimenti: era a tutti gli effetti il primo trasformatore.

Nel 1884, Gaulard, con l’aiuto del finanziatore inglese Gibbs, partecipò con la sua macchina all’Esposizione generale italiana di Torino, a cui era presente anche il grande scienziato italiano Galileo Ferraris (1847 – 1897). Il Governo italiano e la città di Torino avevano istituito un premio di 15000 lire dell’epoca per la più utile e interessante applicazione dell’elettricità.

Il francese Gaulard era più un tecnico sperimentatore che uno scienziato teorico; la sua macchina funzionava ma la prima spiegazione analitica dei fenomeni elettromagnetici relativi alla macchina stessa fu elaborata da Ferraris in due fondamentali lavori del 1885, ripubblicati nel volume [1]. Nel primo sono descritti i metodi per misurare la potenza e il rendimento energetico del “generatore secondario” di Gaulard. Il secondo, nel quale è introdotto il termine “trasformatore” per la prima volta, contiene la teoria completa del funzionamento della macchina, come ancor oggi la si studia, con la valutazione delle correnti e delle tensioni primarie e secondarie e i relativi sfasamenti.

Il genio di Galileo Ferraris da allora è sempre stato ricordato, anche per gli importantissimi contributi sulla teoria del campo magnetico rotante, che è alla base del funzionamento del motore asincrono, e sul metodo vettoriale per lo studio dei circuiti in corrente alternata.

Una sorte meno felice ebbe invece Gaulard, che non ricevette i giusti riconoscimenti per la propria invenzione in Francia, dove all’epoca la distribuzione di energia elettrica in corrente continua era preferita a quella in alternata. I suoi brevetti decaddero mentre in altre nazioni fu intrapresa la costruzione in serie di trasformatori (ad esempio da Westinghouse e Thompson-Houston negli USA, da Ferranti in Inghilterra, da Ganz in Ungheria).

Vedendo non rispettati i propri meriti di inventore, Gaulard cadde in uno stato di depressione. Si tramanda che sia impazzito e che sia stato chiuso in una casa di cura a Parigi, dove si spense all’età di appena 38 anni (secondo una fonte, per suicidio).

 

[1] A. Silvestri (a cura di), “Il centenario AEI e Galileo Ferraris”, AEI, 1997.