di Flavia Cellerino
L’autunno è, da molti anni, periodo di apertura di grandi mostre d’arte un po’ su tutto il territorio nazionale: mostre che celebrano ricorrenze, oppure che propongono nuove scoperte e studi aggiornati, mostre di tendenza e anche operazioni commerciali non sempre scientificamente ineccepibili, ma che consentono di ammirare opere che magari non sono accessibili facilmente a tutti.
A Milano, grazie a molti spazi adatti e istituzioni rodate di prestigio internazionale, le esposizioni sono spesso molto importanti: El Greco (1541-1614) , Giorgio Morandi (1890-1964), Goya (1746-1828) saranno i protagonisti degli ultimi mesi del 2023 (e dei primi del 2024).
El Greco, straordinario e metamorfico pittore, che parte da un’isola dell’Egeo nel dominio veneziano, ove dipingeva tradizionalmente minute icone piene di piccoli personaggi trasferendosi a Venezia e nel resto della Penisola, pronto a diventare un pittore talentuoso, originale, inquieto, che anticipa con le sue forme allungate e i suoi colori irreali molto della visionaria pittura persino del Novecento.
E pienamente interprete del Novecento, un tempo complesso, percorso da mille istanze e da mille travagli è il bolognese Giorgio Morandi, nessuna parentela con il cantante Gianni, docente di incisione (arte nella quale era veramente una eccellenza), silenzioso e solitario pittore, noto per le sue nature morte. Se pensate di etichettare Giorgio Morandi come “il pittore delle bottigliette” commettete un grosso errore: le sue nature morte compendiano mazzi di fiori di bellezza commovente, e paesaggi meditati della sua Bologna e di Grizzana, la casa di campagna sull’Apennino dove trascorreva cicalanti estati, nell’aria densa di calura. Ma sono proprio le sue nature morte la parte più viva della sua produzione, nessuna uguale all’altra, con colori studiati in armonie raffinatissime, pervase da un senso di precaria inquietudine. Goya, nato a Saragozza, la città adagiata sul fiume Ebro – in Spagna, transfuga in Francia porta nella sua arte tutto il dramma della guerra, dei tormenti esistenziali, dei tradimenti e delle angosce. Pitture nere, pervase da bagliori improvvisi di fiamme, rivoluzioni, speranze: si condensano nei suoi quadri le aspirazioni estreme dell’Illuminismo e i tormenti del romantico Ottocento. Un pittore oggi diremmo “impegnato”, non organico al potere, anzi che usa la sua arte per mettere il dito nelle piaghe di un mondo in cui male e bene si fronteggiano costantemente.
E con questi tre grandi della pittura è chiaro che l’arte non è, come a volte si pensa, un accessorio inutile della nostre vite: è una occasione sempre preziosa per interrogarci sulle vicende umane, sulla bellezza e sul tormento, insomma su emozioni, preoccupazioni, gioie e speranze che nelle nostre esistenze sono sempre presenti, a meno di decidere di vivere sospesi, come in una bolla d’aria e rimanere intangibili per il resto dell’umanità
Per Artemisia Gentileschi (1593-1653?), in mostra a Genova dal 16 novembre, il binomio vita arte è stata l’impalcatura grazie alla quale sostenersi: perché essere una artista donna nel Seicento non era proprio semplice, anche se si apparteneva a una famiglia di pittori. Ci voleva coraggio, forza, talento, intelligenza, autostima, e Artemisia aveva tutto; soprattutto imparò presto che gli uomini non sono sempre gentiluomini e che fidarsi di loro può essere una trappola. La sua vicenda esistenziale è stata molto studiata, segnata da un presunto stupro (forse una seduzione dietro promessa di matrimonio, promessa che non poteva essere mantenuta visto che il seduttore era già sposato!, ma Artemisia non lo sapeva), comunque un episodio spiacevole che fu costretta ad affrontare e che certamente la condizionò, costringendola a viaggi, rotture affettive con il padre, ricerca di appoggi sicuri e di una indipendenza che si trasferì nella sua ricerca pittorica, compiuta nel grande alveo del caravaggismo, ma pervasa di tratti personali ed emozionanti.
A queste mostre Artesulcammino dedicherà uscite e conferenze a Milano il 10 novembre e a Genova con varie date.
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