di Marco Galaverna
Nell’ingegneria ferroviaria ha agito, in ogni epoca, una tendenza all’unificazione delle soluzioni tecniche, la quale favorisce la semplificazione dell’esercizio da svariati punti di vista: dalla manutenzione alla gestione dei materiali di ricambio, dall’istruzione del personale all’economia di scala negli approvvigionamenti.
Nelle elettrificazioni della prima metà del Novecento, le ferrovie italiane utilizzarono un’ampia varietà di sostegni. Abbandonati ben presto i pali di legno caratteristici dell’elettrificazione col sistema trifase delle linee valtellinesi (1901), le FS impiegarono pali metallici di vario tipo: il tipo M, a sezione tubolare con passo variabile, il tipo Z, a sezione ovale decrescente con l’altezza, il tipo G, derivato dal precedente e alleggerito da finestre nelle superfici piane, i tipi a traliccio B e CNP, a sezione rastremata, il tipo D, una semplice trave ad H con ali larghe; a questi vanno aggiunti pali di cemento armato.
Fra tutti quelli ora citati, si è affermato soltanto il tipo M (Mannesmann), introdotto fin dal 1907, mentre l’impiego dei restanti non si è più ripetuto dopo le prime applicazioni, ed è incerto se ne sopravviva oggi qualche esemplare lungo le ferrovie italiane.
Il palo tubolare M è divenuto uno standard di fatto nelle elettrificazioni per un lungo ordine di tempo, sostituendo i tipi precedenti in occasione delle opere di rinnovo; nel libro di V. Finzi [1], pag. 140, si legge che i pali M costituiscono il 75% del totale dei sostegni sull’intera rete. Ad essi si è affiancato, dal 1960, il palo tipo LS, a traliccio senza rastrematura, più leggero ed economico. Oggi, quindi, il panorama dei sostegni per la linea di contatto, in ambito FS, risulta caratterizzato da una grande uniformità, nella quale domina l’impiego del tubolare Mannesmann nelle stazioni mentre, in piena linea, la ribalta è condivisa tra il tipo M e il tipo LS. Questa uniformità è appena scalfita, in termini statistici, dalla sporadica presenza di moderni portali ad arco (ad esempio sul raccordo Voltri – Borzoli e sulla linea dell’aeroporto di Roma Fiumicino) o a traliccio (Direttissima Firenze – Roma).
Fotografie di tutti questi tipi di sostegni si possono vedere nell’articolo [2], che rimane, a mia conoscenza, la più bella e completa trattazione dell’argomento dal punto di vista storico.
Una maggiore varietà di sostegni sopravvive invece sulle linee primarie, a cui avevamo già dedicato una pagina della nostra rubrica [3]. Ciò si spiega considerando che i collegamenti elettrici in alta tensione (66 kV, 132 o 150 kV) fra le centrali di produzione, la rete ENEL e le sottostazioni FS rappresentano, per l’Amministrazione ferroviaria, un settore di attività marginale. Non a caso, le FS hanno recentemente ceduto all’ENEL gran parte delle proprie linee elettriche primarie e l’ammodernamento di quelle che sono rimaste di proprietà ferroviaria non è avvertito come una priorità.
Ecco dunque che lungo le primarie, talora situate accanto ai binari ma che altrove percorrono valli e superano montagne lontano dai treni, vediamo ancora sostegni che, per le linee di contatto, sono scomparsi da decenni. Le immagini qui riportate si riferiscono alla primaria a 66 kV Busalla – Pianezza e ritraggono due sostegni, un doppio M e uno Z, che distano fra loro un centinaio di metri, in località Avosso (provincia di Genova). Questo elettrodotto percorre l’alta valle Scrivia e la val Fontanabuona, e conserva sostegni assai anziani; a Busalla esso si unisce a un’altra primaria che da Trasta risale i Giovi fino ad Arquata Scrivia. Testimonia il succedersi di piccoli e parziali interventi di rinnovo la presenza di sostegni consecutivi di tipi anche molto diversi come forma e come epoca: nel solo piazzale di Busalla se ne vedono di tre tipi differenti: tubolari, a traliccio e monolitici.
Concludiamo osservando come le linee primarie, seguendo talora percorsi lontani dalle ferrovie, a chi le riconosce ricordino l’immagine del treno in territori nei quali un treno non è mai passato.
[1] V. Finzi, D. Cervetto, “Trazione elettrica – Linee di contatto”, ed. COEDIT, 2003
[2] A. De Santis, “Trecentomila pali”, Rivista I Treni, n. 23/1982
[3] https://www.superbadlf.it/wordpress/il-treno-nella-storia-ai-margini-della-ferrovia, 2019