DI MARCO GALAVERNA

Dedicammo la pagina di novembre 2021 della nostra rubrica al blocco elettrico manuale che, per vari anni, fu il regime di circolazione più diffuso sulla rete FS, rimandando ad altra occasione, si scrisse, un approfondimento sull’impianto dal punto di vista della sicurezza. Appunto questo aspetto trattiamo nella presente pagina, in un momento in cui gli ultimi istrumenti di blocco stanno per sparire dalle nostre ferrovie e, con loro, i rintocchi delle suonerie tanto caratteristici delle stazioni d’una volta.

Riguardo alla sicurezza, il punto debole del blocco elettrico manuale risiede nel fatto che il sistema, di per sé, non è sensibile alla presenza di rotabili in una sezione di linea compresa tra due stazioni; viene rilevata l’uscita di un treno da una sezione, mediante il complesso di un pedale e un circuito di binario, entrambi azionati dal treno stesso, ma non si ha la garanzia che il treno uscito dalla sezione sia proprio lo stesso che vi è entrato. Per questo, è essenziale l’accertamento visivo della completezza di ogni treno giunto in stazione, da parte del personale di terra, che deve verificare la presenza del segnale di coda sull’ultimo veicolo del convoglio.

Tre sono le situazioni potenzialmente più pericolose:

·       il mancato accertamento della completezza del treno (“coda regolare”), il quale potrebbe aver perso rotabili in linea;

·       l’azionamento indebito del pulsante di liberazione artificiale, da parte di un operatore (guardablocco o dirigente movimento) erroneamente convinto che la linea sia libera;

·       il ripristino dell’impianto di blocco a seguito di un’interruzione.

Sembrano situazioni improbabili, eppure tutte sono state all’origine di incidenti fatali [1].

A Eccellente (linea Paola – Reggio Calabria), il 21/11/1980, il merci 40679 perse alcuni carri in corsa e inspiegabilmente il personale di macchina non se ne avvide; in stazione, il guardablocco trascurò il controllo della coda e diede il consenso al treno successivo, il viaggiatori 587, che urtò contro i carri “abbandonati” e sviò. Esito: 28 morti e 144 feriti.

Gli istrumenti di blocco hanno un pulsante di “liberazione artificiale” che, azionato dall’operatore, ha lo stesso effetto dell’uscita di un treno dalla sezione: cioè, sblocca l’istrumento e consente di concedere un consenso a un treno successivo anche se i dispositivi di liberazione (i citati pedale e circuito di binario) non hanno funzionato.

Purtroppo è accaduto che un guardablocco, dopo aver lungamente atteso l’arrivo di un treno, abbia ritenuto che il treno fosse già transitato senza averlo visto (per distrazione o altro: non dimentichiamo che in alcuni impianti il guardablocco era l’unico operatore presente) e, per non fermare la circolazione, sia ricorso alla liberazione artificiale. Il treno atteso poteva essere fermo in piena linea per un guasto e, prima della diffusione dei telefoni cellulari, le comunicazioni non erano sempre agevoli. Questa situazione fu all’origine dell’incidente di Coronella (linea Bologna – Padova), un tamponamento che causò 6 morti e 10 feriti il 22/12/1985.

In caso di guasto temporaneo del blocco elettrico, quando le stazioni erano presenziate, la circolazione poteva essere gestita col regime del consenso telefonico [2], attraverso uno scambio di fonogrammi. Il ripristino dell’impianto di blocco, a seguito di interruzione, è un momento delicato perché gli ultimi treni viaggiano senza essere licenziati col blocco elettrico. Da ciò è derivato l’incidente di Caluso (16/6/1992, linea Chivasso – Aosta). Un temporale interruppe l’alimentazione elettrica dell’impianto; alla riattivazione, sul binario unico fra Candia e Caluso era in marcia il viaggiatori 10370; tuttavia, il dirigente di Caluso (dimenticandosi del treno atteso, in arrivo da Candia) poté ottenere da Candia il consenso di blocco elettrico per il diretto 2449 transitante in senso opposto, perché dopo il guasto gli istrumenti erano in condizioni “di riposo”. Inevitabile ne risultò lo scontro in linea fra i convogli, con 6 morti e 37 feriti.

Per migliorare la sicurezza del blocco elettrico manuale, le FS negli anni Novanta idearono e sperimentarono un dispositivo automatico di accertamento della completezza dei treni in arrivo, indicato con la sigla DAC e basato sull’installazione di pedali conta-assi agli estremi di una sezione di linea compresa fra due stazioni [3]. Non si trattò, beninteso, di una sostituzione del blocco manuale con il blocco conta-assi, il quale avrebbe richiesto la posa di nuovi cavi lungo linea.

L’innovazione, di per sé utile e interessante, ebbe però un impiego assai ridotto, soprattutto perché già trent’anni fa si prospettava l’eliminazione del blocco elettrico manuale, per ragioni più che altro economiche, aspetto a cui dedicheremo una pagina futura della nostra rubrica.

 

[1] P. De Palatis, “Regolamenti e sicurezza della circolazione ferroviaria”, ed. CIFI 1995, pagg. 260 – 261

[2] M. Costetti, V. Moffa, “Il blocco telefonico”, Rivista La Tecnica Professionale, n. 7/8 – 1992

[3] A. Garofalo, “Il DAC”, Rivista La Tecnica Professionale, n. 12 – 1993, pag. 62.
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Marco Galaverna

Nato a Genova nel 1963, si è laureato in Ingegneria Elettronica presso l’Università degli Studi di Genova e presso il medesimo ateneo ha conseguito il Dottorato in Ingegneria Elettrotecnica. Dal 1989 fornisce supporto presso la stessa Università alle attività didattiche per diversi corsi attinenti all’Ingegneria dei Trasporti. Socio dal 1990 del Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani (C.I.F.I.) è stato Delegato della Sezione di Genova di tale Collegio dal 1998 al 2006. È autore di oltre 100 pubblicazioni scientifiche nel campo dell’Ingegneria dei Trasporti e del libro “Tecnologie dei trasporti e territorio” insieme al Prof. Giuseppe Sciutto. Dal 1992 è docente di Elettronica e materie affini presso l’Istituto d’Istruzione Secondaria Superiore Einaudi-Casaregis-Galilei di Genova.