di Marco Galaverna
I binari ferroviari nel porto di Genova raggiunsero la massima estensione nel periodo fra le due guerre mondiali. Successivamente, dal graduale spostamento del baricentro dei traffici verso il ponente della città conseguì la decadenza, in termini di merci movimentate, della porzione più antica del porto, quella compresa tra il Molo Vecchio e la Darsena. Poi, dagli anni Sessanta, la concentrazione dei traffici sui moli meglio attrezzati e la crescente concorrenza del trasporto stradale condussero all’abbandono di gran parte dei raccordi portuali costruiti nell’Ottocento.
Per effetto di questo processo, all’indomani del crollo del ponte Morandi, il porto di Genova (a parte il terminal di Voltri – Pra’) si ritrovò senza alcun binario di collegamento verso la rete ferroviaria nazionale e, da allora, il recupero è stato minimo, giacché, in questo momento, è operativo un solo semplice binario che unisce il Bacino di Sampierdarena alle ferrovie di valico (“linea Sommergibile”).
Assai diversa era la situazione in passato, come testimonia pure la mia fotografia, che mostra il Bivio Santa Limbania nel 1978, quando tutti i binari che vi compaiono erano elettrificati e in esercizio, e che è ripresa puntando verso il mare, con la via A. Cantore alle spalle.
A sinistra, la galleria Santa Limbania, a binario unico, portava all’omonimo impianto, dal quale i carri merci potevano proseguire verso il piccolo Scalo Dinegro, sotto via Adua, o verso la galleria San Tommaso e Genova Brignole. Oggi la galleria Santa Limbania è abbandonata, disarmata, e il suo destino è incerto; lo Scalo Dinegro non esiste più e parte della sede di quell’itinerario è riutilizzata per Piazza Principe Sotterranea.
Al centro, la linea si divideva poco oltre il fornice in due rami, entrambi a doppio binario: quello di sinistra attraverso la galleria Biagio Assereto raggiungeva il molo omonimo, che ora si trova inglobato nel Terminal Traghetti; quello di destra attraverso la galleria Molo Nuovo raggiungeva San Benigno. Lato monte, il doppio binario proveniva dallo scalo Campasso, dopo aver sottopassato con le gallerie Campasso e Sampierdarena le zone di via dei Landi e Villa Scassi.
Tutto questo itinerario, realizzato nel 1906 – 1907 [1], è al momento privo di binari; dovrebbe essere ripristinato entro il 2024 e collegato col Terzo Valico, secondo un discusso piano che, nei mezzi d’informazione (ma forse responsabili della confusione non sono soltanto questi), ha finito per presentare come la costruzione di una ferrovia nuova il semplice ritorno dei binari, sia pure con adeguamenti infrastrutturali anche importanti, dove ci sono stati per cento anni.
Nella parte destra dell’immagine, si riconosce la cabina dell’apparato centrale del bivio, all’epoca presenziato, per il comando dei deviatoi, di tipo idrodinamico: forse l’ultimo banco a leve idrodinamico del nodo di Genova ancora funzionante al tempo della foto. L’impianto, ubicato in una trincea sotto una rampa d’ingresso alla strada Sopraelevata, aveva anche un accesso pedonale dalla adiacente via Carpaneto ed era pure un posto di blocco per la linea Campasso – San Benigno, attrezzata col blocco elettrico manuale.
Ricordiamo una curiosità storica. Nell’ambito dell’ammodernamento tecnologico del nodo di Genova, si ritenne opportuno sostituire il banco a leve idrodinamico del Bivio Santa Limbania con un impianto tipo ACEI, anche se non era previsto in tempi brevi l’esercizio del bivio in telecomando dal DCO di Rivarolo. Il nuovo apparato ebbe però un’esistenza effimera. Pochi anni dopo, infatti, o per la riduzione del traffico merci o per la volontà di semplificare gli impianti, il bivio fu soppresso e i due binari provenienti da Campasso furono resi indipendenti: quello di sinistra, riferendoci alla foto, rimase diretto a Santa Limbania, senza più deviatoi, e quello di destra conservò la funzione di collegamento col Molo Nuovo, ridotto a binario unico e senza più la diramazione per Biagio Assereto, peraltro inutilizzata da decenni.
[1] M. Galaverna, G. Murruni, “I raccordi ferroviari nel porto di Genova”, Rivista Ingegneria Ferroviaria, n. 10/2004.