di Marco Galaverna

 

Nel mese di luglio 2020 la nostra rubrica [1] trattò l’argomento della massima pendenza superabile dai treni. In quella occasione si accennò alla ferrovia dei Giovi, mettendo in dubbio che la salita che vi s’incontra fosse unica sulla rete FS in quanto a lunghezza e acclività, come sovente si legge e si sente dire, e si rimandò ad altra pubblicazione l’approfondimento del tema. A questo dedichiamo appunto la presente pagina.

Nel Fascicolo Orario RFI n. 72 si legge che, per una sezione di circa 8 km fra Pontedecimo e Busalla, la pendenza del tracciato è del 35 per mille e il grado di prestazione 29. Il dato è approssimativo, perché nei Fascicoli Orario la pendenza è sempre espressa in numeri interi, e poi in realtà essa non è costante sull’intera sezione, ma il dato è quello ufficiale.

Merita attenzione il secondo parametro, che è il più importante per l’esercizio. I gradi di prestazione rappresentano una pendenza fittizia, che tiene conto dell’acclività e delle curve, espressa in una scala convenzionale che, per le FS, va da 1 a 31. Ad esempio, la Tabella 8.3 del celebre trattato di G. Vicuna [2], a pag. 266, indica che un grado di prestazione 29 corrisponde a una pendenza fittizia, cioè a una resistenza al moto, pari a 34,2 daN/t. Infatti anche la tortuosità del tracciato produce una resistenza alla trazione che, seppur minore, si aggiunge a quella relativa alla pendenza; così, una curva di raggio 250 m equivale, come resistenza al moto, a una salita del 3,4 per mille (Vicuna, op. cit. pag. 263).

Orbene, nel Fascicolo Orario RFI n. 107, relativo alla linea Terni – Sulmona, si può leggere che nei 15 km fra Antrodoco e Rocca di Corno l’ascesa è del 35 per mille, con un grado di prestazione 31. Poi, sempre nel senso dispari, l’ascesa cala al 32 per mille fino a Sella di Corno, che, con una quota di 989 m sul livello del mare, costituisce il culmine della linea.

Certamente, questi valori di pendenza sono i massimi che si raggiungono e, come del resto fra Pontedecimo e Busalla, non si mantengono costanti su una tratta così lunga: abbiamo già osservato che i dati dei Fascicoli Orario sono approssimati. Resta però il fatto che la sezione di valico della Terni – Sulmona non soltanto eguaglia, in acclività, la più famosa ferrovia dei Giovi ma, a causa delle curve e controcurve di raggio più stretto, fino a 250 m, ha addirittura una grado di prestazione più elevato, il massimo di tutta la rete FS.

A Sella di Corno la linea, non elettrificata, supera lo spartiacque appenninico, dal versante tirrenico di Rieti a quello adriatico dell’Aquila, all’aperto, ovvero senza gallerie, e se ciò offre al viaggiatore panorami di grande bellezza nel comprensorio del Gran Sasso, comporta però un tracciato molto accidentato.

Oggi le difficoltà d’esercizio sono relative, dal momento che su questa linea non si svolge più da molti anni alcun trasporto merci regolare e tutti i treni viaggiatori sono affidati ad automotrici Diesel abbastanza recenti o, dal lato aquilano, agli Swing articolati. L’ultima coppia di treni di materiale ordinario, scomparsi da tempo e formati da carrozze trainate da locomotive Diesel D.343, risaliva i 60 km fra Sulmona e L’Aquila in un’ora e tre quarti, quasi mezz’ora in più delle agili automotrici.

Il pensiero va all’epoca del vapore che, sorprendentemente per una linea così difficile, è durato più che altrove, come testimoniavano negli anni Settanta locomotive ancora accese e funzionanti del Gruppo 740 a Terni, sede di Rimessa, e del Gruppo 940 a Sulmona, sede di Deposito. In precedenza i treni più impegnativi erano affidati alle poderose 471, uno dei pochissimi Gruppi FS di locomotive a vapore con cinque assi accoppiati: si vedano le belle immagini pubblicate nell’articolo [3].

Anche se le tre gallerie più lunghe, che superano di poco il km, non si trovano nei tratti a maggior pendenza, la trazione a vapore sulla linea Terni – Sulmona comportava limitazioni e un duro lavoro; tuttavia vi si effettuano treni speciali a vapore. Scomparse le ultime 471 – ed è un vero peccato che nessuna locomotiva di questo singolare Gruppo sia rimasta in attività – le vaporiere a loro agio sui saliscendi abruzzesi sono le 740 e le 940, ormai centenarie ma ancora protagoniste sulle rampe dell’Appennino: la mia foto ne ritrae una, all’Aquila, per un treno storico del 1978.  

   

[1] https://www.superbadlf.it/wordpress/perugia-e-dintorni-riflessioni-in-salita/

[2] G. Vicuna, “Organizzazione e tecnica ferroviaria”, CIFI, 1989 (2a ed.)

[3] R. Cesa De Marchi, “Alla ricerca delle 471”, Rivista I Treni, n. 295 – 296, ETR, 2007
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Marco Galaverna

Nato a Genova nel 1963, si è laureato in Ingegneria Elettronica presso l’Università degli Studi di Genova e presso il medesimo ateneo ha conseguito il Dottorato in Ingegneria Elettrotecnica. Dal 1989 fornisce supporto presso la stessa Università alle attività didattiche per diversi corsi attinenti all’Ingegneria dei Trasporti. Socio dal 1990 del Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani (C.I.F.I.) è stato Delegato della Sezione di Genova di tale Collegio dal 1998 al 2006. È autore di oltre 100 pubblicazioni scientifiche nel campo dell’Ingegneria dei Trasporti e del libro “Tecnologie dei trasporti e territorio” insieme al Prof. Giuseppe Sciutto. Dal 1992 è docente di Elettronica e materie affini presso l’Istituto d’Istruzione Secondaria Superiore Einaudi-Casaregis-Galilei di Genova.