di Marco Galaverna
Esattamente un secolo fa, nel 1920, il treno raggiunse il centro di Perugia, allorché fu inaugurata la breve ferrovia che in 5 km collega Ponte San Giovanni, località di fondovalle posta sulla linea FS Foligno – Terontola, 190 m sul livello del mare, a Perugia Sant’Anna, attigua al cuore storico del capoluogo umbro, alla quota di 490 m. Per superare il dislivello, il tracciato raggiunge la pendenza del 60‰, che i treni hanno sempre affrontato in aderenza naturale, cosa che pare contraddire alcune diffuse opinioni (oggi la linea è temporaneamente chiusa per lavori).
Le pendenze dei tracciati ferroviari sono da tempo oggetto di fake news, come ora si usa dire, fenomeno non limitato all’attualità e al web ma che coinvolge pure nozioni tramandate di generazione in generazione senza spirito critico. Ad esempio, sull’antica linea ferroviaria dei Giovi ne circolano principalmente due.
Secondo la prima, la pendenza del tracciato pari al 35‰, che vi si incontra fra Pontedecimo e Busalla, sarebbe unica sulla rete FS in esercizio. Ciò è falso e alla questione dedicheremo un prossimo articolo della nostra rubrica.
L’altro luogo comune privo di fondamento consiste nel ritenere che tale pendenza sia la massima superabile dai treni e che, se essa aumentasse di una sola unità, sarebbe necessaria la cremagliera. Questa errata convinzione mi pare ancor più grave della precedente, in quanto è di natura concettuale, e avendola sentita ribadire pure da addetti ai lavori, ferrovieri o ex – ferrovieri, ritengo utile proporre un chiarimento basato sull’approccio più corretto, quello matematico.
In salita, la forza di trazione T della locomotiva deve vincere, oltre alle resistenze al moto proprie R, la componente del peso p del treno parallela al tracciato, uguale al peso stesso moltiplicato per la pendenza i espressa in “per mille”; ma, affinché le ruote non slittino, la forza di trazione non deve superare il potere aderente.
Questo è il prodotto del coefficiente d’aderenza fa per il peso aderente pa, cioè il peso che grava sugli assi motorizzati. In termini matematici, la marcia in salita è possibile se vale la condizione
Dalla doppia disequazione, si può ricavare la massima pendenza superabile, in “per mille”, lungo un rettifilo:
Nella formula si è tenuto conto anche dell’eventualità che un treno debba ripartire da fermo, in salita, con una data accelerazione a; il coefficiente 110 deriva da una conversione tra unità di misura: l’accelerazione si esprime in m/s2 mentre le forze, nella tecnica ferroviaria, si misurano in daN. Fissati un valore minimo accettabile per l’accelerazione, 0.04 m/s2, e un valore tipico per le resistenze al moto, R/p = 5 daN/t, risulta evidente che non esiste un limite unico per la massima pendenza superabile perché questa dipende:
- dal coefficiente d’aderenza fa, che con ruote e rotaie d’acciaio varia, secondo lo stato delle superfici a contatto (asciutte, umide, bagnate, sporche), circa fra 100 e 300 daN/t;
- dal rapporto d’aderenza p/pa, che vale 1 se tutti gli assi del treno sono motorizzati, come per un’automotrice isolata, e può scendere a 0.1 ¸2 per lunghi convogli merci o viaggiatori trainati da un’unica locomotiva.
In funzione di questi due parametri, si possono tracciare i grafici della massima pendenza superabile (vedi figura). Ora, il coefficiente d’aderenza è fuori del nostro controllo: lo si può migliorare con la sabbiatura ma questa è un intervento eccezionale del macchinista. Ne deriva il ruolo fondamentale del rapporto d’aderenza, che è legato più ad aspetti economici che tecnici. Se è economicamente giustificato l’esercizio di una linea ferroviaria con soli treni automotori, cioè con tutti o quasi gli assi motorizzati, il tracciato può avere pendenze, come si evince dai grafici, assai superiore al famoso 35‰ dei Giovi, persino doppie.
In queste considerazioni non è entrata la velocità. Si è visto come determinare la massima pendenza ma con quale velocità i treni possono affrontare una salita?
Ebbene, ciò dipende in primo luogo dalla potenza dei motori di propulsione di cui dispone un treno: infatti, la potenza è il prodotto della forza di trazione per la velocità. Tuttavia bisogna pure considerare che l’aderenza diminuisce con la velocità (rispetto all’avviamento, a 100 km/h essa è circa dimezzata) e quindi, sui grafici, per ricavare la pendenza che può essere superata da un treno, poniamo, a 80 km/h, è bene riferirsi ai valori inferiori per il coefficiente d’aderenza. Cionondimeno, per treni leggeri, quindi con un rapporto d’aderenza intorno a 0.3 ¸ 0.5, si vede che sono superabili salite sul 40 ¸ 50‰. Del resto, restando vicini alle nostre mura di città, non dimentichiamo che il trenino di Casella, locomotiva e tre carrozze, risale la rampa di Trensasco del 45‰.
Concludiamo osservando che, a conferma di tutto quanto si è qui argomentato, nell’ambito dello scartamento ordinario, le FS ritennero necessario ricorrere alla cremagliera soltanto per due brevi linee, oggi entrambe chiuse, di pendenze davvero elevate: 75‰ (Paola – Cosenza) e 100‰ (Saline – Volterra).
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Marco Galaverna
Nato a Genova nel 1963, si è laureato in Ingegneria Elettronica presso l’Università degli Studi di Genova e presso il medesimo ateneo ha conseguito il Dottorato in Ingegneria Elettrotecnica. Dal 1989 fornisce supporto presso la stessa Università alle attività didattiche per diversi corsi attinenti all’Ingegneria dei Trasporti. Socio dal 1990 del Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani (C.I.F.I.) è stato Delegato della Sezione di Genova di tale Collegio dal 1998 al 2006. È autore di oltre 100 pubblicazioni scientifiche nel campo dell’Ingegneria dei Trasporti e del libro “Tecnologie dei trasporti e territorio” insieme al Prof. Giuseppe Sciutto. Dal 1992 è docente di Elettronica e materie affini presso l’Istituto d’Istruzione Secondaria Superiore Einaudi-Casaregis-Galilei di Genova.