di Marco Galaverna

Nel tragico scontro fra treni avvenuto lo scorso 12 luglio, sulla ferrovia Bari – Barletta, il fattore tecnico determinante è stato il regime di circolazione, basato sul consenso telefonico. In assenza di un impianto di blocco elettrico, come per un trapezista senza rete, un errore umano può essere fatale. Neanche un moderno sistema di ripetizione in cabina, come gli SCMT o SSC della rete RFI, avrebbe evitato il disastro, perché il punto debole del blocco telefonico sta nel fatto che nessuna apparecchiatura impedisce l’indebito comando a via libera del segnale di partenza quando la linea è ancora occupata da un treno.

Oggi, sulla rete RFI in esercizio regolare, il blocco telefonico è praticamente scomparso e sostituito da sistemi molto più sicuri ma vent’anni fa la situazione era diversa, come testimonia un luttuoso evento simile, nella dinamica e nel contesto, allo scontro sopra ricordato: l’incidente di Ciampino.

Posto sulla Roma – Cassino, il nodo di Ciampino è punto di diramazione per tre brevi linee, dette “dei Castelli Romani”, che hanno rispettivamente termine a Frascati, Albano Laziale e Velletri: si veda lo schema in figura. Particolarità tecniche che saranno determinanti nell’incidente: le tre linee sono tutte a semplice binario, erano gestite col blocco telefonico (in Dirigenza Unica quella di Frascati), elettrificate e percorse da treni viaggiatori dello stesso tipo, elettromotrici ALe 801/940.

Il giorno 27 gennaio 1992 il Dirigente Movimento di Ciampino chiedeva la via libera telefonica al Dirigente di Cecchina, la stazione successiva, per il treno 7217 diretto a Velletri. Il Dirigente di Cecchina trasmetteva il consenso, subordinato però al giunto del treno 7220 nella stazione di Ciampino. Lo scambio di fonogrammi rispettava quanto previsto dal Regolamento Circolazione Treni dell’epoca, per le ferrovie a binario unico col blocco telefonico: articolo 3 comma 7 dell’edizione 1963. Un interessante approfondimento di tale regime di circolazione si trova nella pubblicazione [1].

Quindi, il 7217, fermo a Ciampino, avrebbe dovuto attendere l’arrivo nella medesima stazione dell’incrociante 7220 per poi immettersi nel binario unico verso Cecchina. Probabilmente un altro treno, fermo o giunto a Ciampino da una linea diversa, fu confuso con l’atteso 7220, in realtà ancora in marcia, e il Dirigente, ritenendo oramai libero il binario per Velletri, licenziava il proprio 7217.

Inevitabile fu lo scontro, avvenuto in campagna. L’esito, sei viaggiatori deceduti e 120 feriti, avrebbe potuto essere più grave se le velocità dei treni non fossero state limitate per la vicinanza della stazione. Una descrizione del sinistro si può leggere nella pubblicazione [2]; un esame dell’accaduto si trova inoltre in [3].

Senza volere sminuire la rilevanza dell’errore umano nel tragico episodio, va riconosciuto, e ciò avvenne sulla stampa specializzata, che un impianto complesso come Ciampino, alle porte di Roma e interessato da un intenso traffico locale, avrebbe avuto bisogno di un adeguamento tecnologico. Alcuni giornali, sbagliando mira, puntarono l’indice sul binario unico e la confusione si è ripetuta quest’anno per l’incidente in Puglia. Resta difficile far comprendere ai “non addetti ai lavori” che una ferrovia a binario unico non è di per sé meno sicura di una a binario doppio e che non è ragionevole pensare di raddoppiare il binario su tutta la rete italiana per aumentare la sicurezza.

Nel nostro caso, con materiale di recupero e un investimento irrisorio, e anche questo fu scritto, sarebbe bastato collegare col blocco elettrico manuale, all’epoca ancora diffuso, il nodo di Ciampino con le prime stazioni delle due linee per Albano e per Velletri.

 

 

[1] M. Costetti, V. Moffa, “Il blocco telefonico”, Rivista La Tecnica Professionale n. 7-8 Luglio/Agosto 1992, pagg. 33 – 35.

[2] P. de Palatis, E. Maestrini, “L’importanza del fattore umano“, Rivista La Tecnica Professionale n. 5 Maggio 1992, pag. 20.

[3] P. Ferrari, “Sicurezza in ferrovia”, Rivista I treni, vol. XII, n. 125, Aprile 1992, pagg. 12 – 13.
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Marco Galaverna

Nato a Genova nel 1963, si è laureato in Ingegneria Elettronica presso l’Università degli Studi di Genova e presso il medesimo ateneo ha conseguito il Dottorato in Ingegneria Elettrotecnica. Dal 1989 fornisce supporto presso la stessa Università alle attività didattiche per diversi corsi attinenti all’Ingegneria dei Trasporti. Socio dal 1990 del Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani (C.I.F.I.) è stato Delegato della Sezione di Genova di tale Collegio dal 1998 al 2006. È autore di oltre 100 pubblicazioni scientifiche nel campo dell’Ingegneria dei Trasporti e del libro “Tecnologie dei trasporti e territorio” insieme al Prof. Giuseppe Sciutto. Dal 1992 è docente di Elettronica e materie affini presso l’Istituto d’Istruzione Secondaria Superiore Einaudi-Casaregis-Galilei di Genova.