di Marco Galaverna

 

OltreLaVoceAltroMondo Editore ha pubblicato il mese scorso in volume il racconto “Oltre la Voce” di Alessandra Giordano, autrice e regista teatrale a livello amatoriale. Il testo rielabora il mito di Ippolito e lo collega a un altro mito tragico dell’antichità, quello di Medea.

Storicamente il dramma di Fedra nasce da una tradizione della città greca di Trezene, in cui le ragazze, prima di sposarsi, donavano una ciocca di capelli a Ippolito, per onorarne la triste sorte. Secondo la leggenda, di Ippolito si era innamorata la matrigna Fedra la quale, respinta dal ragazzo, lo accusa ingiustamente presso il padre Teseo. Oppressa dalle passioni, Fedra si uccide; Teseo maledice il figlio e questi, per vendetta, viene ferito a morte dal dio Poseidone.

Il mito di Ippolito ispirò Euripide, che lo mise in scena nel 428 a.C., poi Seneca nel I sec. d. C. e altri autori, fra cui il grande francese Racine, nel XVII sec., e anche D’Annunzio. Ma non è la memoria letteraria che anima il racconto “Oltre la voce”: in esso rivive non solo il fondo ancestrale di uomini e donne dell’antichità greca, vittime di passioni e destini inesorabili – che l’autrice mette in scena con una forza espressiva che immerge il lettore in un dramma arcaico, a tutto tondo, senza redenzione per i protagonisti -ma anche l’eterna e attuale lotta per un potere che logora chi non ce l’ha.

Ippolito diviene dunque un personaggio shakespeariano: concepito dalla violenza non ha però il coraggio di ribellarsi a un mondo che lo tormenta. Fedra rappresenta un’individualità femminile inascoltata, sconfitta nel confronto con le logiche tutte maschili del potere e della guerra come già era stato per le eroine dei romanzi di Christa Wolf, Medea e Cassandra. E a quelle importanti riletture della mitologia greca si avvicina il nostro racconto per più versi, primo fra tutti per la prosa, che procede per rapidi accostamenti e scoscese sovrapposizioni. Personificazione di sentimenti e astrazioni dal potente contenuto emotivo avvicinano “Oltre la voce” alla condensazione propria dello stile di Eschilo e Sofocle, allontanando la narrazione dalla tendenza al patetico e al manierismo tipici di certe monodie di Euripide e accostandola, piuttosto, alla psicologia violenta e tormentata dei personaggi di Seneca.

Nell’invito alla lettura di questo racconto, si ricorda che il volume è disponibile presso la biblioteca sociale in via Balbi.