Editoriale Superba novembre-dicembre 2013

 di Rosaria Augello

Quando nel 2009 ci trovammo di fronte alla “scelta” del prendere o lasciare, fummo costretti a cedere prima a Grandi Stazioni, poi a RFI, la metà degli immobili da noi gestiti, compresa la storica sede sociale, ancora tristemente in stato d’abbandono.
Non avevamo alternativa se non quella di rimboccarci le maniche e andare avanti, creando un nuovo modo di “fare associazione”. La parola chiave era resistere: il futuro sarebbe stato migliore… Saremmo stati capaci di assumere una più esplicita e autonoma funzione sociale in grado di stabilire un rapporto ancora più stretto con il territorio!
La messa in discussione e la revisione della nostra “vecchia” identità dopolavoristica ci avrebbe aiutato a mettere a frutto la nostra competenza al servizio di tutti : soci ferrovieri e non. Ma da allora molte cose sono cambiate: all’improvviso, tutti, dallo Stato alle Pubbliche istituzioni Locali, dalle Associazioni ai singoli cittadini abbiamo scoperto di essere più poveri di soldi e di idee, di etica e di morale. Il precipitare dello stato sociale ha ulteriormente tolto risorse essenziali alla gestione del no-profit.
La premessa, per dire che oggi il DLF si trova nuovamente nella situazione di perdere qualcosa, ancora una volta lasciamo per strada un pezzo della nostra storia: i locali di via Don Minetti. Il Don Minetti è la sede distaccata delle attività istituzionali; ospita i gruppi e una grande biblioteca pensata, costruita e gestita da noi e che nel corso del tempo ha raccolto e catalogato oltre 5.000 volumi.
Siamo costretti a lasciare perché il costo dell’immobile tra affitto, spese di amministrazione e utenze è davvero troppo alto, ma noi pensiamo che i numeri dell’economia siano solo una giustificazione della stima che i soci fondatori hanno del DLF e cioè un peso di cui ci si debba liberare al più presto.
Permettetemi di fare alcune analisi: sulla mia scrivania ogni mese, puntualmente trovo “l’Osservatorio Ferroviario” indirizzato anche ai presidenti dei DLF, che leggo con attenzione. Mi fanno piacere gli elogi profusi ad FS ai quali si aggiunge anche il mio personale, quello che però salta agli occhi sono certi articoli che sottolineano la sensibilità e l’attenzione che FS mostra al sociale, in particolare verso le Associazioni. Sul numero di ottobre leggo:”quando il volontariato rimedia ai guasti provocati dalla cattiva amministrazione pubblica”.
I locali della vecchia stazione FS di Boscoreale (NA) consegnati in comodato d’uso da RFI all’Associazione Stella Cometa sono stati negli anni ripuliti, dotati d’impianto elettrico ed idrico, pavimentati, pitturati ecc. rendendo i luoghi sicuri e decorosi. (Esattamente ciò che fanno da quasi novant’anni i lavoratori delle ferrovie e tutti i nostri soci.)
L’articolo voleva sottolineare lo scollamento delle istituzioni pubbliche dai cittadini e dalle associazioni che nulla hanno ricevuto se non i soli messaggi di solidarietà e nel contempo, rimarcare la gratitudine ad RFI per la messa a disposizione dei locali. Ma noi del DLF altro non possiamo fare che evidenziare la sensazione di un progressivo e costante abbandono di RFI verso l’Associazione “figlia” dei suoi fondatori (FS e Org. Sind) Questo mandato è stato durissimo e tutt’ora si resiste nella speranza che tutto questo abbia un senso: quando penso a Giampiero mi vengono in mente le scarpe ormai consunte sulle strade e nei corridoi di FS per la consegna delle tessere.
Se penso a Giovanna, penso alle levatacce delle 4 del mattino per presenziare ai consigli direttivi, alla affettuosa concreta determinazione di Alessandro nel portare a termine il progetto scuola-ferrovia, penso alla “traversata” da Sestri Levante a Genova di ogni mattina di Giuseppe Di Giovanni; penso ad Angelo, a Patrizia, a Luigi, a Carlo, A Roberto, a Mariarosa… L’intera organizzazione dopolavoristica si regge sulla forza d’animo e sull’impegno di uomini e donne che credono in questa Associazione che è una vera impresa del sociale del tempo libero, un fenomeno tutt’altro che irrilevante, perché è costituito dal capitale relazionale tra le persone.
Ferrovie dovrebbe provare orgoglio per questa “figlia” sostenendola e non scaricando il peso delle sue contraddizioni su di essa. In 20 anni cresce una generazione e si trasforma la generazione, questo vale anche per Ferrovie e per Sindacato. Saremmo degli stolti se pensassimo a questi 20 anni come se il tempo non fosse passato.