di Claudia Zetti

Mi chiamo Claudia Zetti, e ho diciotto anni più dodici, perchè il tre davanti allo zero mi fa venire l’ansia.

Sono originaria di San Genesio ed Uniti, ma ormai da qualche anno genovese d’adozione. Ho avuto un sacco di esperienze lavorative, ma da quattro anni a questa parte finalmente ho trovato il lavoro che fa per me, sono assistente alla poltrona in uno degli studi più rinomati di Genova.

Dalle passerelle al Passatore, ne sono passati di anni.

Ho cominciato a fare sfilate per gioco, per divertirmi, e alla fine ho conosciuto tantissime persone meravigliose, la mia personale esperienza è stata molto positiva. Ho partecipato a diversi concorsi di bellezza, da Miss Padania a Miss Italia, per finire al concorso nazionale La Più Bella del Mondo, dove ho conosciuto il mitico Big Cesare Morgantini, persona umile, competente e soprattutto seria, qualità quest’ultima da non sottovalutare in questo mondo. Partecipando al suo concorso ho avuto l’opportunità di
esibirmi anche diverse volte come cantante, altra mia
grandissima passione.

Crescendo poi ho avuto bisogno di ricercare in me
qualcosa di più profondo. Quella consapevolezza dell”io” interiore che ancora mi mancava.

Sono sempre stata una persona sedentaria, sì, qualche corsetta qua e la, qualche partita a pallavolo ma niente di serio, fino a che non decido un giorno di provare a correre seriamente; era circa un anno e mezzo fa e precisamente a novembre 2016, mi iscrivo alla sezione running di una palestra poco distante da casa.

Comincia ad aprirsi per me un mondo magico e misterioso, conosco persone che corrono cinquanta, settanta perfino cento chilometri, non sapevo nemmeno esistessero gare cosi lunghe, per me era già faticoso farne cinque di chilometri. Comincio a curiosare su internet e scopro il mondo delle Ultramaratone (con il termine di ultramaratona si identificano gare di corsa a piedi che hanno una distanza superiore a 42,195 chilometri, distanza ufficiale, dal 1924, della maratona).

Da subito mi colpisce una gara in particolare, la storica cento chilometri del Passatore (è una competizione podistica di ultramaratona che si svolge annualmente nell’ultimo sabato di maggio con partenza da Firenze e arrivo a Faenza. La gara, che si è svolta per la prima volta nel 1973, è intitolata al Passatore, popolare figura della storia e del folclore romagnolo).

Decido che sarebbe stato il mio prossimo obiettivo.

Passano i mesi, e partecipo a qualche mezza maratona, “solo” ventuno chilometri, e scopro che la competizione, e la magia della gara mi affascinano, da quel momento in avanti avevo firmato la mia condanna.

Essendo una neofita, ho avuto non poche difficoltà anche solo per fare appunto ventuno chilometri, immaginatevi farne cento.

Perché puoi prepararti fisicamente quanto vuoi, puoi
fare le ripetute, puoi fare i lunghi della domenica, ma la cosa più difficile da gestire resterà sempre la testa. È lei che si deve allenare, è lei quella che ti gioca brutti scherzi, quella che appena hai un attimo di cedimento ti butta addosso il carico da novanta.

Alla fine, la mia migliore amica nonché compagna di corse, sgambettate e follie varia, decide che il mio regalo di compleanno sarebbe stata l’iscrizione all’edizione Passatore 2018.

Dicembre 2017: partono gli allenamenti. Giorni duri, giorni intesi, giorni pieni di gioia e altri di sconforto, fatica e sudore, ma avevo bisogno di arrivare fino alla fine, me l’ero promesso. Ho sempre lasciato tutte le sfide quotidiane a metà, per paura di fallire e per paura di deludere me e gli altri. Ma questa volta ero decisa a lottare fino alla fine, fino allo stremo, avevo bisogno di spingermi oltre, anzi Ultra.

Il preparatore mi aveva fortemente sconsigliato la partecipazione, diceva che ero troppo acerba, che non avevo esperienza e avrei potuto anche farmi male, ma io da super cocciuta come sono, non gli ho voluto dare retta, e sono andata avanti comunque con la sua preparazione.

Passano i mesi, le settimane, i giorni, passano le domeniche quelle in cui ti svegli alle 6 e rientri a casa dopo cinquanta, sessanta, settanta chilometri, soddisfatta e sfinita, ma con una consapevolezza in più, quella che volere è potere, niente è impossibile.

E arriva anche il 26 maggio, giorno della gara. Passo una settimana in ansia, dormendo poco e sognandomi il Passo della Colla, tratto di salita di circa 16 chilometri con una pendenza costante di dodici
gradi. Io animale di pianura figuriamoci, tutta questa salita, ma mi sono allenata duramente per farlo e cribbio devo farcela.

Mi ritrovo in piazza Duomo a Firenze, io e quella matta della mia amica Adriana Bovecchi lei già Ultra da un po’: pronti, partenza, via, alle ore 15 scatta l’orologio e i minuti cominciano a passare.

Parto con circa 33° il sole cocente e l’asfalto bollente. Carica, carichissima, piano piano, un passo dopo l’altro. Ovviamente oltre ad Adriana e il suo fidanzato Tiziano, storico sostenitore ed esperto di Passatore, anche lui ne ha allo storico ben 3 fatti passo passo con la sua compagna ma rigorosamente in macchina, esperto di ogni passaggio, e di ogni piazzola di sosta comoda per la pennichella, pronto a scattare però appena spunta lei sulla strada per darle sostegno darle rifornimenti, c’è anche il mio compagno di vita Stefano e una coppia di amici, per sostenermi un po, Simona e Nicolas. Durante la gara riesco ad incontrarli per poco tempo, loro seguono in macchina il percorso che si snoda tra Firenze con arrivo a Faenza.

La prima parte della gara passa svelta, mi guardo intorno, sono strade che non ho mai percorso, nel centro di Firenze, sono affascinata e riesco a distrarmi, non ho musica nelle orecchie.

Passati circa i quaranta chilometri comincio ad avere il primo cenno di cedimento, mi siedo nel bagagliaio della macchina del fidanzato e ricordo di aver detto «penso di aver fatto il passo più lungo della gamba»; ma cerco di non perdermi d’animo, bevo un sorso d’acqua e vado avanti a combattere i miei demoni (sì, tutti li abbiamo) e li ne stavo combattendo di enormi.

Passano le ore, i segnali dei chilometri che passano (sono segnalati sul percorso a lato strada ogni 5 km) sembrano a mano a mano allungarsi sempre più, la
stanchezza comincia a farsi sentire, e anche l’inesperienza, non so ancora dosare bene le forze, ma tiro dritto.

Al 76 km sono nona di categoria, mi dice il fidanzato che guarda la classifica in tempo reale, un sorriso timido compare sulla mia faccia tirata e pallida dalla stanchezza, ma nemmeno quella spinta motivazionale fa girare più veloci le mie gambe, mi sono inchiodata, mi era sempre più difficile mettere un piede avanti all’altro, la notte sembra ancora più scura, nonostante la luna piena e il cielo stellato, sono in mezzo alla gente eppure mi sento sola e spaesata.

Incontriamo anche la nebbia, e poi piano piano le luci dell’alba, attraverso piano piano uno dopo l’altro tutti i paesini prima di Faenza, gli ultimi trenta chilometri fatti mano alla mia amica, avevo perso ormai la cognizione del tempo, avevo perso letteralmente la testa, mi muovevo per inerzia, riuscivo a camminare perchè mi stavo convincendo che non c’era altro modo per andare avanti se non quello di pensare a tutti i sacrifici che avevo fatto per esaudire il mio sogno della cento.

Ed ecco finalmente spuntare Faenza, è mattino presto, l’aria è frizzantina, passo il traguardo e ancora non ci credo, ce l’ho fatta.

Arriva di corsa il mio compagno che mi abbraccia e mi urla: «Ce l’hai fatta, hai fatto 100 km!» e le mie uniche parole sono state: «Mai più!». In realtà circa 5 minuti dopo non vedevo l’ora di rifare un ‘esperienza simile.

Ora sono consapevole che posso fare ciò che voglio, ho fatto cento chilometri, io, solo con le mie gambe, ora sono oltre, sono una Ultra.

Ora vi lascio qualche numero:

  • 25: le settimane di allenamento
  • 3: paia di scarpe
  • 50: o forse più, i litri di birra “defaticante” dopo gli allenamenti
  • 4: il numero di mezze maratone in un anno e mezzo
  • 250: i km percorsi nel quarto mese di allenamento
  • 370: i km percorsi nel quinto mese di allenamento
  • 480: i km percorsi nel sesto mese di allenamento
  • 5987548442: le risate fatte durante gli allenamenti
  • 698: i santi apparsi durante la 100 km
  • 100: i chilometri del viaggio che mi ha cambiato la vita.

Un ringraziamento particolare va a tutti quelli che in questi mesi hanno avuto a che fare con me, con le mie paranoie e i miei dubbi.

Grazie in primis a mamma Licia e papà Giampiero, senza di loro non avrei avuto il sostegno più importante, anche se lontani (beh ora il mio concetto di lontananza è relativo, distano solo 132 km) mi hanno sostenuta tutti i giorni, incoraggiandomi ad andare avanti e perseverare.

Grazie ad Anna la mia collega, senza di lei non avrei mai allacciato le scarpe da corsa.

Grazie ad Adriana, probabilmente senza di lei tutto sarebbe rimasto solo un grandissimo sogno e mai una meravigliosa realtà, grazie anche alla sua mano tesa, durante i chilometri, sono in debito con lei.

Grazie a Tiziano, Nicolas e Simona, per il tifo sfegatato, per le parole di sostegno, per l’acqua passata al volo dalla macchina, e per i cambi rapidi di magliette bagnate.

E ultimo, ma non per importanza un grande grazie a Stefano, lui che mi supporta e mi sopporta ormai da undici anni, grazie per la sua pazienza durante le mie lunghe assenza domenicali, grazie per la comprensione e per i consigli preziosi.

Alla prossima Ultra.

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