di Angelo Malaspina

con la collaborazione tecnica di:

Carlo Bailo    e   Giovanni Bozzano

Le Ferrovie dello Stato hanno sempre avuto impianti tecnologici di grande importanza, degni di ammirazione da parte dell’industria nazionale e non solo; poi trascorsi alcuni decenni sia perché cambiano le esigenze, sia per ovvie necessità di innovazione vengono dismessi e della loro esistenza dopo pochi anni non se ne parla più; eppure sono stati pietre miliari che oltre al loro essenziale servizio per la circolazione dei treni hanno fatto scuola a intere generazioni di nostri tecnici che non a torto venivano considerati tra i più preparati sul mercato del lavoro. Ci sembra importante, a partire da questo numero, citarne alcuni perché pensiamo che possano interessare a molti ma anche per rispetto ai colleghi ferrovieri che tanta passione profusero per la loro costruzione e mantenimento.

 

LA CENTRALE DELLA CHIAPPELLA

 

Se prendiamo un ligure qualunque e gli chiediamo se conosce il “Matitone” la risposta è sicura: la costruzione caratteristica della zona di Dinegro diventata quasi simbolo di Genova insieme alla Lanterna; ma pochi sanno che nello stesso luogo sorgeva ed è stata attiva con modalità diverse per otre 50 anni la Centrale Elettrica della Chiappella, un grande impianto che forniva l’energia elettrica per la trazione dei treni nell’area ligure-piemontese.

Nei primi anni del 1900 tutta la Genova Torino veniva esercita con trazione a vapore. Nella tratta appenninica tra Pontedecimo-Busalla di circa 10 Km, le pendenze notevoli che raggiungevano il 35 per mille, unite alle prestazioni delle locomotive e alla frequenza dei treni forzatamente limitata per la liberazione dei fumi della galleria dei Giovi di oltre 3 Km, limitavano sensibilmente la potenzialità della linea, a fronte di una richiesta di trasporto sempre crescente.

Per questi motivi venne presa in considerazione la possibilità di elettrificare almeno questo tronco di linea. Le Ferrovie già avevano in corso diverse sperimentazioni di trazione elettrica ed una di queste fatta in Valtellina, con utilizzo di materiale della ditta ungherese Ganz, aveva dato risultati promettenti: alimentazione con corrente alternata trifase a 3000 volt 15 Hz. Si decise di elettrificare così questa tratta nel 1910 e per disporre dell’energia necessaria venne decisa la costruzione di una apposita centrale termoelettrica a carbone in quanto non erano disponibili altre fonti di alimentazione.

Per la sua collocazione fu scelta la zona vicina a Dinegro per la vicinanza al porto, precisamente alla calata della Chiappella. Questa avrebbe garantito un agevole approvvigionamento di carbone via mare, la garanzia di acqua per la condensazione del vapore delle turbine e il facile smaltimento delle ceneri delle caldaie. A tale scopo furono previsti  due canali coperti per collegarla con il porto.

L’edificio, a lavori ultimati, copriva un’area di oltre 2000 mq. Le caldaie di tipo multitubolari erano disposte in due batterie di sette ciascuna, lavoravano a vapore surriscaldato a 16 atmosfere. Tramite due sistemi turbina-altermatore era in grado di erogare fino a 10.000 Kw.

La Centrale della Chiappella entrò in servizio effettivo il primo  marzo 1911 insieme alla elettrificazione della linea Pontedecimo-Busalla. Questo si dimostrò subito un grande successo; i nuovi locomotori trifase E550 di costruzione ora italiana Wabco Westinghouse di Vado Ligure riuscivano a trainare in salita treni di peso doppio a velocità circa doppia rispetto alle più potenti locomotive a vapore disponibili.

All’epoca la centrale rappresentò un esempio unico in Italia, completa di tutti i macchinari necessari per un moderno esercizio, destando ammirazione di esperti, anche fuori dal paese.

Nonostante tutto ciò, per ragioni diverse, nel 1914 le ferrovie decisero di attingere l’energia per la trazione da società private, tutta di origine idroelettrica. Da quel momento la Chiappella cessò di erogare energia, fu modificata per elevare la frequenza di uscita da 15 a 16,7 Hz per uniformarla a quella delle reti private e rimase come impianto di riserva. Intanto, visti i risultati estremamente positivi, la trazione elettrica venne estesa nel 1915 su entrambe le linee tra Genova Sampierdarena e Ronco.

Nel ventennio successivo l’elettrificazione trifase raggiunse uno sviluppo di 1480 Km di linee, collocate tra Piemonte, Liguria, alta Toscana e Alto Adige; poiché il fabbisogno di energia crebbe notevolmente, nel 1930 si decise di riattivare la centrale della Chiappella trasformandola da centrale di produzione a centrale di conversione dell’energia a 50 Hz delle reti private a quella a 16,7 Hz necessaria alle ferrovie. Inizia così un periodo di splendore di questo nostro grande impianto che si concluderà con la chiusura definitiva nel 1964. Di seguito si descrive questo periodo.

Venne demolito l’originario impianto termoelettrico, poi negli stessi locali furono installati due gruppi di conversione rotanti costituiti ciascuno da un motore trifase asincrono accoppiato ad un alternatore. Ogni gruppo era in grado di erogare una potenza di 10.000 Kw che veniva immessa nelle rete a frequenza ferroviaria; le dimensioni delle macchine erano ragguardevoli date le potenze in gioco, per avere un’idea si osservino le due foto ove si possono vedere lo statore ed il rotore di uno dei generatori, aperto per manutenzione; al centro dello statore vi è, tra gli altri, l’allora capo tecnico di 3° classe Carlo Bailo, il nostro collega che diventerà poi responsabile di tutto l’impianto negli anni successivi.

La particolarità che riportò questo impianto ad essere nuovamente un fiore all’occhiello delle tecnologie elettrotecniche ferroviarie, fu l’adozione del sistema di regolazione innovativo Scherbius che permetteva una conversione elastica e quindi la possibilità di ottimizzare la potenza a seconda della richiesta dei treni con conseguenti minor consumi e costi verso i gestori delle reti fornitrici a 50 Hz.

Altre sottocentrali come ad esempio quella di Arquata Scrivia che non possedevano questo sistema ma una più semplice regolazione reostatica, arrivarono a restituire in alcuni casi alle società fornitrici, fino a 20.000 KWh al giorno senza alcun compenso.

Per capire le ragioni di questo passaggio inverso di energia si ricorda che i motori trifase asincroni e i generatori delle sottocentrali tendono ad invertire naturalmente il loro ruolo, da motore a generatore e viceversa, per raggiungere un equilibrio tra le due reti a seguito di scivolamento anche minimo delle frequenze.

Nel sistema Scherbius, i reostati di regolazione erano sostituiti da macchine elettriche che iniettando una corrente regolabile in fase e frequenza nei rotori dei due motori principali permettevano di variare entro certi limiti la velocità dei motori della sottocentrale, inserire senza difficoltà l’impianto nella rete e regolare agevolmente lo scambio di energia tra le due reti.

Altri vantaggi ottenuti con questo sistema erano l’ottimizzazione del fattore di potenza della corrente dalla rete industriale evitando aggravi di tariffa e la possibilità di mantenere costante la tensione ai motori asincroni principali in tutte le condizioni di carico, fatto questo molto importante essendo gli assorbimenti di corrente dei treni tutt’altro che costante.

Curarono l’installazione del sistema di regolazione l’Ansaldo e Siemens.

Nel 1953 fu installato un terzo gruppo motore alternatore sempre da 10.000 Kw ricavato da centrali dismesse di proprietà privata.

L’impianto funzionò fino alla trasformazione in corrente continua della rete ligure avvenuta nel 1964. Per le rimanenti linee a trazione trifase ancora presenti nel basso Piemonte, data l’esiguità di potenza necessaria, rimase attiva fino al 1976 la sottocentrale di Arquata Scrivia.

 

Ringrazio il sig. Carlo Bailo per il materiale tecnico e fotografico che ha permesso la realizzazione dell’articolo.

Interno Centrale       002

 
******************************************
Con il progetto Scuola Ferrovia il DLF intende divulgare nella scuola la conoscenza della ferrovia italiana, attraverso un rapporto costante e permanente con il mondo dei giovani.

l treno garantisce oggi più che mai il trasporto di grandi quantità di persone o di merci in condizioni di maggior sicurezza e maggior rispetto dell’ambiente, oltre che a costi minori per la collettività. E con velocità competitive, grazie al nuovo sistema AV, che hanno permesso di ridurre drasticamente le distanze fra le città.

In un’epoca in cui il Paese punta sulla crescita e sul futuro dei giovani, non è possibile rinunciare ai vantaggi offerti dalla ferrovia. Ed è proprio per questo motivo che, sin dal 2001, il DLF è impegnato a sostenere e diffondere una miglior conoscenza del ruolo che il “vecchio” treno, dopo essere stato a lungo considerato mezzo di trasporto di secondo piano rispetto all’automobile e all’aereo, è ancora una volta chiamato a svolgere nell’interesse della collettività.

Il progetto Scuola Ferrovia è curato dalle Associazioni DLF territoriali, alle quali gli Istituti scolastici si possono rivolgere per concordare gli interventi in aula di qualificati esperti e i viaggi in treno agli impianti ferroviari. A disposizione degli insegnanti viene messa la pubblicazione Ferrovie italiane 1839 – 2014. Dalla Napoli-Portici al Frecciarossa 1000, agevole strumento di consultazione e guida per lo studio della materia, nelle sue molteplici sfaccettature.