Editoriale Superba gennaio-febbraio 2015

di Alessandro Cabella

 

Indagando sulle origini del “Dopolavoro” risulta che la dicitura è nata nel 1924 in Liguria dalla proposta-progetto dell’ingegnere Mario Giani che lavorava presso la Westinghouse Italiana a Vado Ligure e creò un’associazione chiamata: “Dopolavoro Italiano”. Nello stesso anno l’associazione partecipò alla Conferenza Internazionale del Lavoro tenutasi a Ginevra.

Nel 1925 con Regio Decreto N° 1908 del 25 ottobre venne costituita l’Opera Nazionale Dopolavoro Ferroviario dipendente da un Ufficio Centrale facente parte delle Ferrovie dello Stato. Il proponimento era tendente ad un sano e proficuo impegno delle ore libere dei ferrovieri con una sana ricreazione adatta ad elevare fisicamente, intellettualmente e moralmente i lavoratori. Offrire dei servizi e dare la possibilità di frequentare, a prezzi ragionevoli, varie attività: sportive, culturali, ricreative e turistiche; inoltre creare coesione e stimolare lo spirito di appartenenza.

Prima del 1940 il Dopolavoro Ferroviario aveva circa 250 sedi, distribuite su tutto il territorio nazionale, alle quali aderivano 130.000 Soci. Molte strutture immobiliari venivano assegnate ai Dopolavori, anche aree scoperte che con il lavoro di volontariato dei Soci furono adattate e rese migliori. Il servizio di volontariato era ed è tutt’oggi disponibile ed efficiente anche fuori dall’ambiente ferroviario, per interventi assistenziali e problemi nazionali di rilevante importanza.

Lo Stato Giuridico del Personale delle Ferrovie dello Stato, emanato con legge 425 di marzo 1958, rappresentava notevoli cambiamenti; dedicava un intero capitolo al Dopolavoro Ferroviario. Il citato Stato Giuridico esponeva interessanti disposizioni legislative in armonia con i principi propri dello Stato Democratico e con i precetti sanciti dalla Costituzione.

In pieno “boom economico” il DLF rappresentava il punto di riferimento per i ferrovieri e le rispettive famiglie per l’offerta di colonie, stabilimenti balneari, impianti sportivi, alberghi, palestre, soggiorni montani e marini, turismo e viaggi in comitiva anche all’estero; ciò contribuiva a rinsaldare vincoli di amicizia fra ferrovieri d’Europa. L’azienda Ferrovie faceva fronte, tramite l’Ufficio Centrale con cospicui finanziamenti, a speciali concessioni e agevolazioni di vario genere.

Con l’applicazione della legge 668 del 1967 venivano consegnati fabbricati e superfici delle Ferrovie dello Stato in comodato d’uso ai vari Dopolavori già organizzati con ordinamento associativo. La successiva riforma del 1972 precisava e fissava uno Statuto concordato con le Ferrovie.

Il 10 maggio 1995, dopo la riforma dell’Ente Ferrovie dello Stato a Ferrovie S.p.a., in accordo con le Organizzazioni Sindacali maggiormente rappresentative, si procedeva a costituire l’attuale “Associazione Nazionale Dopolavoro Ferroviario”.

Le Associazioni subalterne sul territorio avevano già realizzato la nuova situazione.

Attualmente l’Associazione Dopolavoro Ferroviario non ha più in comodato d’uso le strutture immobiliari ferroviarie ma paga una regolare pigione: Contratto Nazionale di affitto, sublocato alle varie Associazioni territoriali che in applicazione alla legge 460/97 erano in totale 110 Associazioni delle quali fanno parte Soci effettivi (ferrovieri in servizio e in pensione) e Soci frequentatori (famigliari ed esterni).

Il Dopolavoro Ferroviario ha costituito una società: “Patrimonio DLF S.r.l.” che gestisce un complesso di beni immobiliari che fanno parte di un consistente patrimonio fatto di strutture alberghiere, impianti sportivi e spazi per attività ricreative diverse; l’acquisizione di questo patrimonio è oggetto di un confronto paritario e rispettoso fra l’Associazione e il Gruppo F.S.

Oggi nel 2015 sono in corso importanti cambiamenti: ci sono proposte di modifica per quanto riguarda lo statuto del DLF; per ragioni economiche e di gestione verranno effettuati degli accorpamenti, l’obiettivo è il rinnovamento. Il DLF uscirà fuori da questa situazione in forma ridotta ma più adeguata alle esigenze del terzo millennio, più efficiente e ringiovanito nell’aspetto e nel vigore in modo da poter mostrare chiaramente che il Dopolavoro Ferroviario ha novant’anni ma non li dimostra.