L’Ultra Trail Du Mont Blanc è una corsa internazionale che si svolge sui tre versanti (italiano, francese, svizzero) del Monte Bianco, è l’evento trail da non mancare per i trailers di tutto il mondo. Correre intorno al Monte Bianco significa vivere un’avventura interiore, un’esperienza unica durante la quale ogni partecipante respinge i propri limiti fisici e mentali per arrivare fino al traguardo.

Sono 5 le gare che compongono l’evento, con distanze e dislivelli che vanno dai 56 ai 171 km e da 3200 a 10000 metri di dislivello positivo. Quella scelta dai trailer dell’Asd DLF Running Team è stata la CCC, cifra (quasi) tonda, 101km e 6100 metri di dislivello positivo. 

La CCC (Courmayeur, Champex, Chamonix), è passata dall’essere la sorella minore dell’UTMB ad una corsa unica nel suo genere e tra le più prestigiose al mondo. La partenza dal centro di Courmayeur è ricca di quell’atmosfera che solo gli italiani sanno creare ed è allo stesso tempo un momento di rara emozione vissuto al suono della musica di Vangelis. I primi chilometri portano velocemente a più di 2500 mt di quota di fronte ad uno dei più bei panorami che si possano immaginare, con l’occhio che spazia dal Monte Bianco fino alle Grandes Jorasses. Il passaggio al Gran Col Ferret segna l’ingresso in Svizzera, si attraversano i paesini di La Fouly, Champex e Trient. Oramai in Francia si raggiunge Vallorcine prima di scoprire, al termine di un’ultima terribile salita, il vallone di Cheserys, un vero angolo di paradiso con una vista grandiosa sul massiccio del Monte Bianco. Ed è il momento di raggiungere il traguardo nel cuore di Chamonix. 

Gli atleti Stefano Taverna, Pietro Campione e Diana Barbieri hanno portato a termine questa gara impegnativa, mettendo tutto il loro impegno e la loro concentrazione per tagliare il traguardo.

Ecco l’impresa raccontata direttamente da loro:

Il sogno di tre anni si avvera alle 9.15 di venerdi 1/9, da Courmayeur parte la CCC,  io Diana e Pietro siamo della partita.

Il tempo di qualche lacrima di emozione all’inno ufficiale, ed è conto alla rovescia… VIA!!!

Un po’ di apprensione iniziale e poi su, sulla Tete de la Tronche, il tempo è ancora buono: sensazioni ottime sin da subito, il tratto corribile Bertone-Bonatti mi crea qualche grattacapo, aspetto i miei compagni di avventura da un momento all’altro, e poi giù ad Arnouvaz, primo ristoro, in un mare festante di gente, tra emozione e qualche lacrima dissipata dal vento. Il Gran Col Ferret mi conferma che sarà giornata, quindi discesone verso La Fouly e poi Praz de Fort, lo corro praticamente tutto, è un sogno, proprio dove pensavo di pagare pegno. Salita a Champex Lac e inizia a diluviare, la discesa precedente si fa sentire, ma “lassù” mi attendono Matilda  e Simona. Stringo i denti e sono le 18.57, mangio, mi cambio grazie all’aiuto della nostra “squadra”, e da lì in poi sarà il delirio: – 46 km all’arrivo.

Ma Diana e Pietro? Segnalati a più di un’ora. Speriamo nessun inconveniente: Matilda e Simona li aspetteranno, troppo importante il supporto in questi momenti. Riparto, sono le 19,25.  Buio, pioggia, vento, freddo e fango in ogni dove, caratterizzeranno le ultime tre dure asperità.

La compagnia di Nicolas, lo scambio di continue battute in pessimo francese (il mio), mi aiuta a superare le prime durissime due con annesse scivolose discese, intervallate da un nuovo completo cambio vestiario e ristoro in quel di Trient.

Al successivo ristoro di Vallorcine, ritrovo le mie fidate accompagnatrici, pronte a servirmi ad ogni richiesta, ma purtroppo perdo Nicolas, stremato! Arriverà circa un’ora dopo ma, ahimè, la notizia più negativa è un’altra: Diana ha un problema al ginocchio sinistro, ce la farà?

Sono solo… ma come girano ancora queste gambe. Comincio la lieve salita al Col de Montet, pian piano raccolgo concorrenti caracollanti a gruppi di tre, cinque, dieci persone in fila, mi fermerò a 50 e guadagnerò quasi settanta posizioni. 

Con la nebbia a farla da padrona, vado verso l’ultima asperità di giornata,  La Flegere: vedo frontali impegnate in lunghi tornanti molto sopra di me, non si arriva più, il coraggio aumenta nel vedere qua e là concorrenti seduti a riposare e io no, continuo. Quando scorgo il tendone illuminato capisco che ci siamo: sono le cinque del mattino, ore di gara 20, tempo di riempire le mie soft flask e poi via per i sette km di picchiata su Chamonix. Sono sicuro: Diana e Pietro arriveranno.

Mi butto, gambe e piedi rotti, non passa un’ora, vedo l’asfalto: È FATTA. Torna il pensiero ricorrente: «Matilda e Simona saranno lì sul traguardo ad aspettarmi dopo una lunga giornata di fatica, alla mia mercè». Non trattengo più le lacrime, della poca gente presente, nessuno che non ti inciti, scandendo il tuo nome come fossi il primo, le forze sembrano raddoppiare, ecco lo striscione, Matilda, Simona, F I N I S H E R!!!!

Diana e Pietro sono ancora dentro, lo sapevo, la libellula sarebbe arrivata al traguardo anche strisciando… CUORE DLF!!!

Chamonix, ore 6.12 Tempo 20h 56m 59s.

Stefano Taverna


Da qualche parte ho letto che se sogni di fare una cosa allora puoi farla. Partecipare ad una delle gare dell’ UTMB era il mio sogno da quando ho iniziato a fare trail, un sogno appunto, qualcosa di riservato ai grandi, a quelli bravi, a quelli forti, a quelli “veri”. Mi ci sono avvicinata in punta di piedi, mi sono preparata senza pensare davvero di arrivare là. Poi il sorteggio: sono dentro, siamo dentro. Io Pietro e Stefano, squadra trail DLF. Sabato mattina parto con le lacrime allo start della CCC, la musica di Vangelis, 2000 concorrenti da tutto il mondo, emozione a mille, folla immensa, e io sto lì a pensare a come farò a fare quei 101 km. I miei compagni partiranno al blocco successivo, sono sola. 

Corro e cammino per quasi 18 ore sotto una pioggia incessante, nella nebbia, in cima al Col Ferret il vento sferzante mi gela le mani, il fango rende ogni passo più pesante, ogni salita più irta, ogni discesa più pericolosa. A Champex Lac entro alla base vita, mi cambio, metto strati caldi, mangio, bevo tè bollente…. esco e il freddo della notte mi attanaglia, non smette di piovere e io sono solo a metà strada. Al 50esimo km un ginocchio mi fa piangere dal dolore, mi dice di ritirarmi, non lo ascolto. Prendo un antinfiammatorio ad ogni altro ristoro, accolgo grata Voltaren e una ginocchiera da un runner vicino a me, che mai smetterò di ringraziare. E riparto. Davanti a me solo la parola Finisher. Stringo i denti su ogni impietosa salita e ogni devastante discesa tecnica, resa ancor più impegnativa dal fango. Ho sonno, vorrei dormire… ma neppure mi siedo ai ristori, temo che non riuscirei a rialzarmi. Passano i km e finalmente si scende a Chamonix, ultimo tratto sull’asfalto…la folla che mi incita, che urla il mio nome, che mi grida “Bravo, c’est fini! Alé alé“.

Gente che applaude il primo come l’ultimo dei concorrenti allo stesso modo, con la stessa enfasi. Sono stanca, il ginocchio non ce la fa quasi più, lo ignoro, perché giro l’angolo e lo vedo, è il traguardo! Sono una finisher della CCC! Grazie agli amici che mi hanno sostenuta, grazie al mio compagno di vita che ancora una volta mi ha aspettata, ha sofferto con me e tagliato il traguardo mano nella mano con me. Sognate gente, sognate. 

Diana Barbieri


Siamo al ristoro di Vallorcine e mancano circa 19 km alla fine. Mi fermo pochi minuti, solo  il tempo per ricaricare le borracce di acqua perché se resto di più rischio di non riprendere. Non mangio nulla, non ne ho voglia, lo stomaco rifiuta qualunque cosa. Ripartiamo, ma dopo poco mi accorgo che le cose non vanno: su 19 km, di cui 12 di salita, ne percorro 6, poi il crollo, non vedo più, mi siedo su una roccia a lato del sentiero, getto i fidati bastoncini, tiro fuori dallo zaino un panino e un gel. I minuti passano inesorabili, come i tanti compagni di avventura che sembra  mi superino senza pietà,  non importa. Bevo sali minerali tutto d’un fiato, nella speranza di ottenere un beneficio. Intanto i pensieri «Ma chi me l’ha fatto fare? Ma io non ho ammazzato nessuno. Questa è l’ultima volta che faccio una cosa di questo genere».

Quando mi rialzo incitato da Diana, mia inseparabile compagna, comincio ad analizzare ciò che mi è capitato… Passo dopo passo mi riprendo, le gambe cominciano a rispondere, e io ragiono sugli errori fatti, penso che forse non ho svolto la preparazione adeguata negli ultimi due mesi, che avrei dovuto fermarmi e mangiare all’ultimo ristoro, che ho sottovalutato la gara e sopravalutato le mie qualità… Eppure lo so che sfidare la montagna significa rischiare grosso. Ma adesso sono in gioco e non mollo. Nel giro di qualche chilometro recupero 37 posizioni e mi porto al traguardo. Stanco ma felice, felice dell’esperienza appena fatta, felice dell’insegnamento che mi avrà dato. Felice della solidarietà di questo sport, dell’incitamento della gente al passaggio nei vari paesi. Felice della sportività di chi avrebbe potuto superarmi nel km finale, perché non ne avevo davvero più, e non lo ha fatto spingendomi invece a tagliare davanti a lui, perché in fondo fino a quel momento non era riuscito a prendermi. Incredibile questo sport, davvero: ti porta al limite, ti massacra, e poi, tempo di realizzare ciò che hai fatto, e pensi alla prossima sfida. A proposito, mi sono appena iscritto ad un trail da 120 km e sono certo che sia Diana che Stefano mi seguiranno!

Pietro Campione


Le gare dell’UTMB sono questo, ogni concorrente ha la sua fantastica storia, fatta di mesi di allenamenti e sacrifici, di salite e discese, di cadute. Ma essere al via ripaga di tutto e chiudere la gara e ricevere non una medaglia ma magari una giacca FINISHER che tutti invidieranno, è gioia pura. Le gare dell’UTMB sono un  viaggio, in cui ci si gode ogni singolo passo di una meravigliosa, lunga e dura impresa. E se è vero che molto della gestione va alla ragione e all’equipaggiamento, altrettanto vero è che non può mancare un pizzico di follia, che è la scintilla che accende la miccia e fa bruciare fino al traguardo, superando ogni limite si credesse di avere.