di Marco Galaverna
Forse nella seconda metà dell’anno, se il decorso della pandemia lo consentirà, con la ripresa di convegni, congressi e manifestazioni si potrà programmare qualche evento dedicato a un anniversario importante: 150 anni dall’inaugurazione del traforo del Fréjus, culmine della ferrovia Torino – Chambéry. Lo scavo terminò a fine 1870 ma l’apertura al servizio commerciale avvenne infatti nel ‘71.
Lungo 13.6 km, il Fréjus fu superato, in estensione, dai trafori del San Gottardo e del Sempione, aperti successivamente, ma conserva la sua importanza storica per essere il primo scavato sotto le Alpi. L’importanza dell’opera appare ancora maggiore se si pensa che i progetti e i lavori furono inizialmente condotti soltanto dal piccolo Regno di Sardegna. Quando fu aperto il tratto fra Torino e Bussoleno, nel 1854, il tracciato previsto per la galleria di valico si svolgeva interamente in Piemonte. Il collegamento con Chambéry divenne internazionale soltanto dopo il 1860, con la cessione della Savoia alla Francia.
L’inaugurazione del traforo fu un evento di portata europea, narrato, insieme con una dettagliata descrizione della linea, nel libro [1] che la biblioteca del Politecnico di Torino rende disponibile in rete. Fra le tante cose, vi si legge che, a causa delle diseguali pendenze del tracciato dentro la galleria, il viaggio inaugurale da Bardonecchia a Modane richiese 22 minuti, che salirono a 40 per il viaggio di ritorno.
La cittadina di Susa (TO), da sempre alla base degli itinerari fra Italia e Francia attraverso il Moncenisio, rimase tagliata fuori dal nuovo collegamento e connessa alla rete ferroviaria soltanto grazie alla breve diramazione Susa – Bussoleno, di cui è fermata capolinea. Miracolosamente, occorre dire viste le tante chiusure di ferrovie locali avvenute in Piemonte negli ultimi decenni, questo tronco è ancora in funzione.
Il traforo del Fréjus nacque già a doppio binario, per l’ammirabile lungimiranza del Regno di Sardegna, ma la linea fra Torino e Bardonecchia fu aperta quasi interamente a binario unico. Ben presto la crescita del traffico ne rese necessario il raddoppiamento, cui si pose mano già dal 1908; ma i lavori, nella sezione più difficile fra Bussoleno e Salbertrand, risultarono molto impegnativi e terminati solo nel 1984. Un’efficace sintesi storica si può leggere nell’articolo [2].
Purtroppo un’opera così onerosa, come il raddoppiamento, non ha poi evitato il lento declino di questa ferrovia internazionale. Superate, grazie alle moderne locomotive elettroniche, le limitazioni causate dalle pendenze del tracciato, che raggiungono il 28 – 30 per mille lungo la salita verso il traforo, il declino è iniziato con l’apertura della galleria stradale del Fréjus (1980) cui è seguito, nel 1994, il completamento dell’autostrada A32 Torino – Bardonecchia.
Un ulteriore impatto negativo deriverà dall’apertura della contestata ferrovia ad alta velocità Torino – Lione, con la galleria di 57 km fra la Val di Susa e la Maurienne. Ad oggi, si è realizzato soltanto il 20% circa di questa infrastruttura e non si azzardano previsioni sul completamento. Ma è ovvio che, quando il traffico internazionale sarà deviato sulla nuova linea, lo storico traforo del Fréjus rimarrà assai sottoutilizzato e l’attuale ferrovia decadrà al rango di collegamento locale, tenuto in vita dal pendolarismo su Torino, soprattutto della bassa valle, e dalla vocazione turistica di località come Bardonecchia e Oulx; l’orario attuale dei giorni feriali prevede, per senso di marcia, un treno regionale ogni ora fra Torino e Susa e altrettanti fra Torino e Bardonecchia.
La sezione oltre confine, invece, ha un movimento viaggiatori più modesto: sono in orario soltanto otto coppie di treni regionali al giorno fra Modane e Chambéry e, qualora i TGV che oggi la percorrono venissero deviati sulla futura Torino – Lione, la Maurienne dal glorioso passato rischierebbe di finire nel novero delle linee a scarso traffico. Del resto, eccetto St. Jean de Maurienne, che raggiunge i 7000 abitanti, i maggiori centri abitati lungo la valle dell’Arc, compresa Modane, non superano i 3000 e generano un traffico locale assai limitato.
[1] G. Palmero, “Cronaca del traforo delle Alpi Cozie e memorie di Torino e Bardonecchia”, Botta, 1872
[2] S. Garzaro, “Modane – Un transito drammatico”, Rivista Ferrovie n. 215/1978