di Marco Galaverna
Oggi sembra normale che un’azienda ferroviaria non produca in proprio l’energia elettrica di cui necessita e che si rivolga a una fornitura esterna come, del resto, avviene per il combustibile dei mezzi Diesel e avveniva, al tempo delle locomotive a vapore, per il carbone.
All’inizio del Novecento la situazione era diversa e le aziende ferroviarie costruirono centrali elettriche per alimentare le proprie linee. Non si trattava soltanto di scelte autarchiche, peraltro ragionevoli in un’epoca in cui l’eventualità di guerre fra nazioni europee non era da escludersi e l’autonomia energetica poteva avere un valore strategico. La scelta della produzione in proprio si motivava anche con la scarsa presenza di reti elettriche di distribuzione sul territorio.
In verità, la linea Milano – Varese, elettrificata in corrente continua nel 1901, venne allacciata all’esistente centrale di Tornavento e, dopo gli anni Dieci, alla rete della società Dinamo. La prima centrale appositamente costruita per la trazione ferroviaria fu quella idroelettrica di Morbegno (SO), realizzata dalla Rete Adriatica lungo il fiume Adda per l’elettrificazione col sistema trifase delle proprie linee Lecco – Sondrio e Colico – Chiavenna (1902). La ferrovia del Fréjus, la cui elettrificazione, sempre col sistema trifase, fu avviata nel 1912, inizialmente fu allacciata alla rete AEM di Torino, tramite una centrale di conversione di frequenza, da 50 a 16,7 Hz; ma nel 1921, le FS avviarono la produzione idroelettrica a Bardonecchia, con una propria centrale che utilizzava i torrenti di Melezet e Rochemolles.
In vista dell’ampio programma di elettrificazioni col sistema trifase deciso nel 1922, si pose il problema di individuare la politica energetica migliore per le FS: si trattava di scegliere tra l’acquisto di elettricità dalle aziende private e la produzione in proprio e, in questo caso, se produrre direttamente alla frequenza di 16,7 Hz oppure alle frequenze industriali (all’epoca, oltre al valore attuale di 50 Hz, si usava anche quello di 42 Hz) e provvedere alla conversione. Di fatto vennero seguite tutte le strade.
Le centrali costruite anteguerra dalle FS furono:
- Sagittario (AQ), in funzione dal 1926 per la linea Roma – Sulmona;
- Pàvana (PT), del 1927, per la linea Porrettana (Bologna – Firenze);
- Suviana (BO), del 1934, sempre per la Bologna – Firenze;
- Rio di Pusteria e Bressanone (BZ), entrate in funzione nel 1940 per la Trento – Brennero e diramazione Bolzano – Merano.
Gli eventi bellici causarono la distruzione di quasi tutte queste centrali, che vennero ricostruite negli anni Cinquanta a eccezione di quella di Pavana. A parte un nuovo gruppo attivato nel 1952 a Rio di Pusteria, l’unica centrale del tutto nuova costruita dalle FS nel dopoguerra fu quella di Monastero (SO), che dal 1963 sostituì lo storico e piccolo impianto di Morbegno, dalla potenza di soli 9 MVA. Nel contempo, le ferrovie avviarono alcune partecipazioni societarie in aziende elettriche: da segnalare le partecipazioni al consorzio Larderello, nato per lo sfruttamento di energia geotermica a Pomarance (PI), al complesso produttivo Buthier di Borgaretto (TO), con diritto di prelievo gratuito d’elettricità, e alla Società Termoelettrica Siciliana.
Con la nazionalizzazione del settore elettrico italiano fu costituita l’ENEL, che all’inizio del 1964 acquisì le partecipazioni societarie sopra citate nonché le centrali FS di Bressanone (potenza installata complessiva 140 MVA), Rio di Pusteria (21 MVA), Monastero (70 MVA) e Suviana (40 MVA). Per motivi tecnici, fu posticipato al 1968 il passaggio all’ENEL delle due centrali di Bardonecchia (potenza installata complessiva 22,75 MVA) e del Sagittario (25 MVA). In cambio della cessione delle centrali, le FS ottennero una tariffa ridotta per l’acquisto d’energia [1].
Questa convenzione FS/ENEL venne a scadere alla fine del 1990 e, di fronte all’eventualità di perdere il diritto alla tariffa ridotta, le ferrovie presero in considerazione l’ipotesi di tornare alla produzione autonoma o, in alternativa, di cedere all’ENEL anche la propria rete elettrica primaria ad alta tensione, costituita, all’epoca, da 9163 km di elettrodotti. Tuttavia, nel successivo quarto di secolo nessuna di queste ipotesi si concretizzò. Soltanto nel 2016 vedrà la luce il piano per la cessione della rete primaria da RFI alla società Terna del gruppo ENEL.
[1] A. Fumi, S. Iacomi, V. Salvatori, “L’alimentazione delle linee di trazione elettrica delle Ferrovie dello Stato”, Rivista Ingegneria Ferroviaria, n. 12/1991.
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Marco Galaverna
Nato a Genova nel 1963, si è laureato in Ingegneria Elettronica presso l’Università degli Studi di Genova e presso il medesimo ateneo ha conseguito il Dottorato in Ingegneria Elettrotecnica. Dal 1989 fornisce supporto presso la stessa Università alle attività didattiche per diversi corsi attinenti all’Ingegneria dei Trasporti. Socio dal 1990 del Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani (C.I.F.I.) è stato Delegato della Sezione di Genova di tale Collegio dal 1998 al 2006. È autore di oltre 100 pubblicazioni scientifiche nel campo dell’Ingegneria dei Trasporti e del libro “Tecnologie dei trasporti e territorio” insieme al Prof. Giuseppe Sciutto. Dal 1992 è docente di Elettronica e materie affini presso l’Istituto d’Istruzione Secondaria Superiore Einaudi-Casaregis-Galilei di Genova.