di Marco Galaverna
La prima volta che le FS presentarono il progetto di una locomotiva elettrica “monocabina”, con un frontale aerodinamico a un’estremità, dotato di posto di guida, e dal lato opposto una testata piana con intercomunicante, adatta all’accoppiamento con le carrozze viaggiatori, fu nel 1983, in occasione d’una mostra organizzata a Firenze dall’Ufficio Studi Materiale e Trazione. Per il musetto era proposto lo stesso disegno delle carrozze pilota per medie distanze MDVC ed erano previste due versioni della locomotiva, una per il servizio merci, classificata E.453, e una per quello passeggeri, E.454.
Nel 1984 le FS ordinarono cinque prototipi, tre E.454 e due E.453, a un raggruppamento formato dalle più importanti aziende italiane del settore, incaricate sia della progettazione sia della costruzione: ABB Tecnomasio per l’elettronica di bordo, Ansaldo per i motori e l’automazione, Breda per la cassa e altre parti meccaniche, FIAT per i carrelli e Pininfarina per il design.
Ne derivarono locomotive di concezione innovativa, a quattro assi, ognuno dei quali azionato da un motore a corrente continua TP1016 da 1000 kW orari, uguale a quelli delle locomotive E.491/492, con una velocità massima di 160 km/h, limitata a 120 km/h nella versione merci con un rapporto ingranaggi più “corto”. La regolazione di velocità era ottenuta mediante modulatori elettronici del tipo chopper.
La costruzione e la messa a punto dei cinque prototipi durarono più del previsto, sicché essi furono consegnati soltanto fra il 1989 e il 1990. Dopo la consegna, i nuovi mezzi iniziarono a viaggiare attorno a Firenze, soprattutto con treni passeggeri regionali.
L’idea di una locomotiva elettrica a singola cabina per treni viaggiatori reversibili era una novità per le ferrovie italiane, come quella di locomotive fra loro accoppiabili dal lato della testata piana per realizzare coppie da 7800 kW adatte ai servizi merci più pesanti, soluzione già diffusa negli Stati Uniti e in Russia (le cosiddette “locomotive doppie”) ma insolita per l’Europa.
Purtroppo, l’ordinazione delle unità di serie fu ritardata di anno in anno, anche a causa delle difficoltà in cui all’epoca versava l’Ente FS, al centro di scandali e pesanti trasformazioni, che condussero alla nomina di un commissario straordinario e a grandi incertezze sul ruolo delle ferrovie in Italia.
Nel frattempo, le norme europee avevano introdotto l’obbligo della gara internazionale per la fornitura di rotabili nuovi e quando, nel 1994, le FS annunciarono la gara per locomotive “monocabina” da 3500 kW, questa fu vinta da ADTranz. Il decennio intercorso fra i prototipi e le macchine di serie aveva reso obsoleto il progetto iniziale. A metà degli anni Novanta la soluzione con motori in continua regolati da chopper appariva superata rispetto a quella con motori asincroni regolati da inverter. Così il progetto di ADTranz, che avrebbe portato alle E.464, conservò, delle E.453/454, soltanto l’idea generale di una locomotiva a quattro assi con una testata piana mentre le scelte tecnologiche furono diverse. Anche l’originale estetica di Pininfarina andava perduta, a favore di un design simile a quello delle locomotive E.412 ed E.405.
Oggi l’E.464 è diventato il gruppo di locomotive elettriche più numeroso d’Europa e viene da riflettere sull’occasione perduta dalle aziende italiane che si sarebbero giovate di una commessa dalle dimensioni straordinarie, se le unità di serie fossero state ordinate subito dopo i collaudi dei prototipi. Di contro, alla piccola flotta delle E.453/454, rimaste senza discendenza, toccò il triste destino di un precoce abbandono.
L’unica superstite, la E.454.001 che era rimasta accantonata a Empoli per oltre un decennio, è stata trasferita nel 2015 alla Spezia Migliarina per iniziativa della Fondazione FS, che ne ha avviato il recupero: si vede la locomotiva in una fase dei lavori di restauro, nell’immagine ripresa l’anno scorso dall’ing. Riccardo Genova. Si è parlato di un recupero soltanto estetico, probabilmente perché il ripristino dei circuiti elettronici di bordo è troppo oneroso o addirittura impossibile per l’indisponibilità dei componenti originali di ricambio.
Se ne deriva che forse è più facile rimettere in ordine di marcia una locomotiva degli anni Trenta, le cui semplici apparecchiature l’industria elettromeccanica è in grado di riparare o ricostruire, che una locomotiva con equipaggiamento a semiconduttori di venticinque anni fa: l’elettronica invecchia troppo rapidamente.
RINGRAZIAMENTI
Ringrazio l’ing. Riccardo Genova, Preside della Sezione di Genova del Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani, per la fotografia gentilmente messa a disposizione per la presente pubblicazione.
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Marco Galaverna
Nato a Genova nel 1963, si è laureato in Ingegneria Elettronica presso l’Università degli Studi di Genova e presso il medesimo ateneo ha conseguito il Dottorato in Ingegneria Elettrotecnica. Dal 1989 fornisce supporto presso la stessa Università alle attività didattiche per diversi corsi attinenti all’Ingegneria dei Trasporti. Socio dal 1990 del Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani (C.I.F.I.) è stato Delegato della Sezione di Genova di tale Collegio dal 1998 al 2006. È autore di oltre 100 pubblicazioni scientifiche nel campo dell’Ingegneria dei Trasporti e del libro “Tecnologie dei trasporti e territorio” insieme al Prof. Giuseppe Sciutto. Dal 1992 è docente di Elettronica e materie affini presso l’Istituto d’Istruzione Secondaria Superiore Einaudi-Casaregis-Galilei di Genova.